La modella Imane Fadil è morta per aplasia midollare
Finalmente, a distanza di oltre sei mesi dalla morte arrivata dopo un ricovero di oltre un mese e una terribile agonia, i familiari di Imane Fadil potranno dare degna sepoltura alla 34enne modella marocchina, che fu tra le testimoni chiave delle inchieste sul caso Ruby, compresa l'ultima che vede a processo Silvio Berlusconi per corruzione in atti giudiziari. E mentre i pm hanno firmato oggi il nullaosta alla restituzione della salma alla famiglia, svanisce anche definitivamente quell'alone di mistero che si era creato attorno alla scomparsa della giovane: nessun avvelenamento doloso, hanno stabilito i medici legali, ma una forma di aplasia midollare di cui ancora, comunque, non sono note le cause esatte.
L'inchiesta, che era stata aperta per omicidio volontario, va ora, dunque, verso una richiesta di archiviazione, anche perché non sono state individuate nemmeno responsabilità mediche. «Vogliamo una risposta chiara, vogliamo capire bene come è morta, questa non è una risposta, non è possibile che in poco tempo se ne sia andata via così», ha detto all'Ansa Tarek, fratello di Imane. «Col nullaosta alla sepoltura - ha aggiunto - faremo il nostro funerale, devo parlare ancora con la mia famiglia per capire come e dove, se qua in Italia o in Marocco».
Intanto, come è stato spiegato in Procura, sono stati eseguiti in questi mesi dai medici legali, nominati dal procuratore aggiunto Tiziana Siciliano e dai pm Luca Gaglio e Antonia Pavan, «tutti gli accertamenti possibili» sul corpo di Imane, morta il primo marzo all'Humanitas di Rozzano (Milano). Sono stati anche crioconservati i campioni di tessuti e organi raccolti, nel caso siano necessarie ulteriori analisi, e così oggi la Procura ha deciso di firmare il nullaosta per restituire la salma della modella ai familiari. Nel frattempo, comunque, la relazione finale del pool degli esperti, guidato dall'anatomopatologa Cristina Cattaneo, non è stata ancora depositata agli inquirenti (il deposito è previsto per i prossimi giorni), ma è emerso con certezza dalle complesse analisi, andate avanti per mesi, che la giovane è morta perché il midollo non riusciva più a produrre globuli rossi, ossia per un'aplasia midollare.
I medici legali stanno ancora lavorando per capire, se sarà possibile, cosa abbia determinato l'aplasia e gli inquirenti hanno chiesto anche alcune integrazioni sul punto. Ciò che è certo, come era già emerso da indiscrezioni nelle scorse settimane, è che Fadil è morta per cause naturali, che non si è trattato di un avvelenamento doloso e, da quanto è stato spiegato, non risultano nemmeno responsabilità dei medici. «Temo di essere stata avvelenata», aveva detto Fadil nel suo letto d'ospedale poco prima di morire, lei che nell'ultimo periodo continuava a combattere per avere «giustizia» nell'ultimo processo sul caso Ruby e credeva spesso anche di essere in pericolo.
Gli esami autoptici sul cadavere della testimone, tra l'altro, erano iniziati soltanto dopo che esami più approfonditi avevano escluso la presenza di radioattività nei suoi organi, radiazioni che erano state, invece, rilevate in analisi sulle urine e sul sangue. E l'avvelenamento per intossicazione da metalli era un'altra delle ipotesi che era stata presa seriamente in considerazione.
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