La «bolla cinese» fa paura: mercati asiatici in picchiata
La crisi delle borse cinesi inizia a fare davvero paura. Il rischio che lo scoppio di una gigantesca bolla speculativa contagi l'economia del colosso asiatico e, a catena, quella mondiale, ha affossato tutte le borse asiatiche, con fenomeni di vero "panic selling" su Hong Kong, dove l'indice Hang Seng ha subìto un crollo che non si vedeva dai tempi del
fallimento di Lehamn Brothers.
I listini cinesi hanno vissuto un'altra giornata drammatica, in cui l'onda delle vendite ha travolto gli argini che il governo cinese si sta sforzando di erigere. Almeno 1.331 società
quotate alle borse di Shanghai e Shenzhen si sono sospese dalle contrattazioni per evitare il tracollo. Altri 747 titoli sono stati "congelati" dopo aver infranto il limite del 10% al
ribasso. Risultato: bloccata l'operatività sul 72% del mercato in termini di capitalizzazione.
A fine seduta Shanghai ha chiuso in calo del 5,9% e Shenzhen del 2,5%. E il conto sarebbe stato ancora più salato se milioni di cinesi che volevano vendere - operai, impiegati e contadini attirati sul mercato dalla prospettiva di guadagni facili e dal mare di liquidità messa a disposizione dalle autorità - non fossero stati impossibilitati a farlo. Travolta anche Hong Kong (-5,8%), sul cui listino sono quotate molte società cinesi, mentre il "contagio" ha iniziato ad allungarsi su Tokyo (-3,1%), Taiwan (-3%), Sydney (-2%) e sugli altri listini dell'area.
Dal 12 giugno, quando Shanghai e Shenzhen hanno invertito la rotta dopo una cavalcata di oltre il 150% in un anno, i due listini hanno perso rispettivamente il 32% e 40%, bruciando oltre 3.500 miliardi di dollari di capitalizzazione, pari a oltre 16 volte il pil della Grecia. «Fino ad ora la Cina non ha avuto effetti sugli Usa o su altri mercati» ma ora c'è il timore di un contagio perché «la dimensione» di una crisi del colosso asiatico «sarebbe di gran lunga più grande di quanto accade in Grecia», ha commentato a Bloomberg Alex Wong, direttore dell'asset management di Ample Capital.
Sulla stampa e tra gli analisti si inizia ad evocare il rischio di un '29 cinesè, riferimento al crollo del '29 di Wall Street che spalancò le porte alla Grande Depressione.
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