Joe Biden nel bunker della Casa Bianca: è l'ora più difficile
Per Joe Biden sono le ore più difficili e drammatiche. Di fronte a lui lo scenario più tragico che poteva scaturire dalla crisi afghana e dalla sua irrevocabile decisione di abbandonare il Paese entro il 31 agosto. L'incubo peggiore si è avverato e, nel caos che ne è seguito, ora si contano almeno 12 soldati americani uccisi da un'esplosione kamikaze mentre lavoravano all'evacuazione di migliaia di persone. Ancora mille gli americani da portare via per il Pentagono, che ammette: «Gli attacchi continueranno».
Rinchiuso nel bunker della Situation Room il presidente americano cancella tutti gli appuntamenti in agenda e viene aggiornato costantemente dal suo team per la sicurezza nazionale, seguendo passo passo gli sviluppi della situazione. Mentre la Casa Bianca appare sempre più assediata da feroci polemiche e tra i repubblicani cresce il fronte di chi invoca l'impeachment, se non addirittura le dimissioni immediate del presidente. Tra questi ultimi Donald Trump: «Non dovrebbe essere un grosso problema dal momento che non è stato eletto legittimamente», afferma l'ex presidente.
Circondato dal segretario di Stato Antony Blinken, dal capo del Pentagono Lloyd Austin, dal consigliere per la Sicurezza nazionale Jack Sullivan e dal capo di stato maggiore delle forze armate Usa Mark Milley, Biden cerca una via di uscita non facile, mentre ancora le notizie di Kabul sono frammentarie e si attende di conoscere l'esatto bilancio della doppia esplosione. Informazioni queste ultime dalle quali dipenderà il tipo di risposta. «L'evacuzione andrà avanti, ma gli Usa sono determinati a vendicare gli attentati dell'Isis», assicura il Pentagono.
Sul tavolo le diverse opzioni che, secondo gli osservatori, potrebbero andare da un completamento dell'evacuazione entro il 31 agosto come previsto a una reazione Usa sul campo contro un attacco che nelle ultime ore era stato ampiamente annunciato dagli 007 Usa e alleati. Uno scenario quest'ultimo problematico, visto il controllo del potere a Kabul ormai nelle mani dei talebani e la difficoltà di individuare degli obiettivi tra i militanti dell'Isis probabili autori dell'attentato. Nonostante questo il presidente americano aveva confermato il faccia a faccia con il neo premier israeliano Naftali Bennett (poi rinviato) per tentare di cominciare a voltare pagina e a riprendere in mano il dossier Iran. La giornata ha poi preso una piega del tutto diversa.
«A questo punto il presidente si deve dimettere», ha affermato per primo il deputato repubblicano Mike Garcia, venendo allo scoperto e affermando quello che in tanti nel suo partito pensano, non solo Trump. Anche l'ex ambasciatrice Usa all'Onu Nikki Haley, che in molti vedono candidata alle presidenziali del 2024, agita lo spettro delle dimissioni pur mettendo in guardia dal fatto che sostituire Biden con la vice Kamala Harris sarebbe addirittura peggio. Finora l'ipotesi impeachment, caldeggiata anche da un big come il senatore Lindsay Graham, o quella della rimozione attraverso il meccanismo del 25mo emendamento della Costituzione, era stata presa in considerazione solo con la possibile riconquista da parte dei repubblicani del controllo di almeno una delle due camere del Congresso, nelle elezioni di metà mandato del prossimo anno. Ora tutto potrebbe precipitare.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato