Italia e Estero

Italicum, Renzi pone la fiducia: bagarre in aula

Renzi ha chiesto a freddo la fiducia sul voto dell'Italicum. Rovente di contro si è fatto il clima nel Pd. Domani in aula il momento della verità
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Fiducia a freddo, clima nel Pd rovente. È il primo pomeriggio e il dibattito sull’ Italicum, giunto alla Camera per la lettura defenitiva, pare prendere una piega positiva per il governo. Due votazioni sulla costituzionalità, a scrutinio segreto, due successi: 384 sì nella prima, 385 nella seconda, a favore delle tesi dell’esecutivo. Eppure Renzi convoca un Consiglio dei ministri e, dopo la dichiarazione dello stato di emergenza per il Nepal, fa approvare la richiesta di voto di fiducia.

Poco dopo è Maria Elena Boschi che si presenta sotto il fregio di Sironi e dà la notizia. Cori di proteste, contestazioni aperte, lancio di crisantemi per il funerale della democrazia. Il Presidente della Camera, Laura Boldrini, accusata di connivenza con Renzi (annuncerà la mano pesante contro i colpevoli dell’insulto).
Contemporaneamente, a surriscaldare gli animi, arriva la sfida aperta del premier, che fa sapere via tweet: «Se vogliono, possono cacciarmi». Poco da stupirsi se la minoranza
Pd reagisca, nonostante le voci sulla fiducia fossero insistenti fin dalle nove del mattina, come anticipato dalla «Velina Rossa». Prima il capogruppo dimissionario Roberto
Speranza, poi lo stesso Bersani fanno sapere che loro la fiducia non la voteranno. Più tardi anche Enrico Letta, non aduso a decisioni di rottura, compie lo stesso passo. Sul
fronte oppposto Renato Brunetta lancia il dialogo con i dissidenti. 

Renzi ostenta sicurezza, e continua a rilanciare. Intervstato dal Tg1, afferma che non c’è niente di più democratico di chi si espone per le proprie idee. Boschi fa il controcanto dal Tg5: «Porre la fiducia è un elemento di chiarezza». Proprio nell’istante in cui, intervenendo in Aula, una Rosy Bindi emotivamente provata fa sapere che lei non solo
non voterà come vuole il governo, ma addirittura voterà contro. Non contro il governo, ma contro l’umiliazione del Parlamento.
I numeri, almeno sulla carta, sono tutti per il governo. Da domani si vota. Una, due, tre volte a partire dalle 15,20. Il momento della verità.

 

 

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