Inferno in A14, Vigili del fuoco di Brescia tra le macerie
«Lo scenario che ci si è presentato era surreale. Non c’era più nessuno per un raggio molto vasto», benché l’area d’intervento fosse quella di una delle più trafficate tratte autostradali d’Italia, per giunta sovrastante un tratto urbano.
A dirlo è uno dei Vigili del Fuoco partiti da Brescia fra le 36 unità Usar della Lombardia che hanno raggiunto a Borgo Panigale, Bologna, l’inferno dell’A14 dopo la deflagrazione della cisterna carica di 25mila litri di gpl. Compito affidato loro: individuare eventuali dispersi tra le macerie. Una testimonianza che - riportata da chi ha operato in scenari estremi come quelli del terremoto di Amatrice, Norcia o dell’Hotel Rigopiano – dà conto della gravità della situazione.
«Abbiamo effettuato – spiega il caposquadra Mauro Lai del Comando provinciale di Brescia - una serie di perforazioni per inserire le “search cam”, speciali videocamere che per le loro dimensioni contenute possono essere introdotte anche in cavità molto piccole offrendoci la possibilità di vedere anche dove non possiamo scendere fisicamente». All’opera anche unità cinofile.
«Tutt’attorno a noi - racconta il caposquadra Giovanni Patroni, pure partito dal Comando di via Scuole – c’erano auto bruciate, edifici con vetrine distrutte, un enorme cratere nell’autostrada, in cui si vedeva la cisterna squarciata dall’esplosione. Noi ci siamo calati tra le macerie della campata autostradale crollata, perché questa è collassata su una strada sottostante e dovevamo escludere che vi fossero altre persone sotto il materiale crollato. Poi invece sul ponte abbiamo passato disposti a pettine ogni tratto interessato dalla deflagrazione in cerca di eventuali resti».
Quella dell’Usar - acronimo di «Urban search and rescue», ricerca e soccorso in contesto urbano, tra macerie e crolli, appunto – è una delle unità specializzate dei Vigili del Fuoco: otto gli uomini partiti appena scattata l’allerta dal comando di Brescia. «Abbiamo in dotazione strumentazioni che non sono abitualmente a disposizione delle squadre ordinarie d’intervento: ci sono le search camera, ma anche geofoni per raccogliere eventuali segnali sonori che giungessero da sotto le macerie, oltre a unità cinofile» e ad una specifico insieme di tecniche di lavoro e di strategie di intervento.
Fortunatamente l’intervento si è concluso con il solo dato positivo in quell’inferno: «Da tutte le attività espletate non è derivato alcun riscontro di eventuali presenze. Abbiamo potuto escludere che ci fossero altre persone» concludono Lai e Patroni. Quasi un miracolo, insomma, che in quel tratto di strada letteralmente travolto da un’intera campata di viadotto autostrale non passasse in quegli instanti nessuno.
Quanto alla delicatezza del contesto operativo, lo testimonia anche uno degli accorgimenti adottati per la sicurezza stessa del personale operante: «Come sempre accade quando interveniamo come Usar, allestiamo un nostro Posto di comando avanzato, indipendente anche dalle altre unità di Vigili del Fuoco operanti. Viene definita un’area di cantiere ben precisa, all’uscita dalla quale ognuno di noi deve recuperare il target col proprio nome: è il modo per essere certi che nessuno sia rimasto dentro». Come a dire, sotto le macerie le cui insidie non possono mai essere conosciute e calcolate fino in fondo.
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