Italia e Estero

«In Egitto c'è la peggior dittatura che abbia mai conosciuto»

Lo scrittore egiziano ’Ala al-Aswani giudica il regime di Al-Sisi in occasione dell'uscita del suo nuovo libro, «Sono corso verso il Nilo»
Il presidente egiziano Abdel Fattah  Al- Sisi con il premier italiano Giuseppe Conte durante la conferenza sulla Libia, a Palermo - Foto Ansa/Epa/Palazzo Chigi
Il presidente egiziano Abdel Fattah Al- Sisi con il premier italiano Giuseppe Conte durante la conferenza sulla Libia, a Palermo - Foto Ansa/Epa/Palazzo Chigi
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«In ogni dittatura ci sono sempre due aspetti: politico e morale-religioso. Entrambi intoccabili, e bisogna chinare la testa. Ma io mi ribello a tutte le imposizioni».

’Ala al-Aswani, che de «La rivoluzione egiziana» (Feltrinelli 2012) aveva già parlato in un saggio-raccolta di tutti i suoi articoli sulla stampa indipendente nei giorni della rivolta - dopo il best seller «Palazzo Yacoubian» è tornato sull’argomento con «Sono corso verso il Nilo» (Feltrinelli, 382 pagine, 18 euro).

Animato da speranza, questo fiero oppositore di Mubarak e di tutti i regimi dittatoriali ha voluto raccontare la rivoluzione dall’angolazione della gente in lotta per la libertà.

’Ala al-Aswani: perché scrivere nuovamente della rivoluzione araba? Che cosa c’era ancora da dire? Questo non è un libro di storia: è un romanzo che narra la rivoluzione dal punto di vista umano. È la storia umana della rivoluzione a confronto con quella di tipo politico. Nei libri di storia troviamo i re, le guerre, i massacri, le cospirazioni: ma non c’è solo questo. Sotto ci sono gli uomini con le loro vicende e solo la letteratura è capace di raccontarle. Che persone c’erano nella rivoluzione, che cosa sentivano, che cosa hanno pensato, che drammi e amori hanno vissuto?

Perché questa necessità? Ho sempre vissuto sotto le dittature: Mubarak, il Consiglio Militare e gli islamisti... Ma l’attuale, quella di al- Sisi, è la dittatura peggiore che abbia mai conosciuto. È un regime repressivo senza precedenti in Egitto, addirittura peggiore - mi dicono, perché io non l’ho vissuto - di quello di Nasser. Io posso solo testimoniare quello che è successo a me, dopo il luglio 2014: mi è stato proibito di continuare a scrivere su qualsiasi giornale, di apparire in qualunque programma televisivo, di organizzare un seminario che tenevo da vent’anni per giovani scrittori. Ogni volta che arrivo in aereo in Egitto mi trattengono per un paio d’ore senza spiegarmi nulla, solo per rendermi la vita più difficile. Mia figlia è stata coinvolta in un incidente truccato ed è stata tenuta in carcere per una settimana. Ora abbiamo risolto la situazione, ma le intimidazioni sono continue.

Questo libro è stato censurato e non è stato pubblicato in Egitto. Com’è avvenuta la censura? Facendo pressioni sull’editore, che mi ha detto: «Se lo pubblichiamo finisci in prigione». Dissi che ero pronto anche a questo. E l’editore rispose che lui non se la sentiva di mandarmi in galera. Un secondo editore si fece avanti. Avevamo già firmato, ma dopo una quindicina di giorni mi disse che non lo avrebbe pubblicato. Per le tante pressioni fece rapidamente marcia indietro. Il libro fu pubblicato in Libano. In questa dittatura c’è solo bianco e nero. Se non sei dalla parte del regime, sei un loro nemico. E allora ti annientano.

Cosa significa essere dalla parte del regime? Vuol dire pensare che al-Sisi sia il leader migliore di sempre. Cosa che non ritengo assolutamente. E allora sono un nemico. Ai loro occhi sono anche colpevole di aver influenzato i giovani e di aver avuto un ruolo culturale nella rivoluzione. Questo è un regime che è contro di me al cento per cento e contro chiunque si senta indipendente. Ho molti amici in prigione senza aver commesso alcun reato. E vi restano anni, prima di essere liberati. Ma io continuo a scrivere, a denunciare: credo sia mio dovere.

L’attaccano ancora? Continuamente. Il mio avvocato mi aveva garantito che con questo libro non avrebbero potuto montare un caso, perché non lo avevo pubblicato in Egitto. Lo hanno fatto lo stesso con un altro romanzo, «Chicago», pubblicato nel 2007: sulla base di quello che avevo scritto sono stato accusato di aver distrutto la moralità egiziana.

Ci sarà prima o poi una ripresa della democrazia in Egitto? Nonostante tutto sono ottimista. Il 60 per cento degli egiziani ha meno di 40 anni: un popolo giovane, che può vedere la vita in modo diverso dei genitori. Sono questi giovani che hanno fatto la rivoluzione e pagato un prezzo altissimo. Penso con i giovani e come i giovani. E se questo è l’atteggiamento, il futuro è nostro; anche se i controrivoluzionari sono al potere, noi vinceremo. È solo questione di tempo.

Il governo italiano potrà conoscere la verità sull’assassinio di Giulio Regeni? Sono affranto da questa storia orribile. Il governo italiano deve insistere e non accettare compromessi.

 

 

 

 

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