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Imane Fadil, il pm all'obitorio: «Non farla vedere a nessuno»

La salma della modella inaccessibile anche ai familiari. Proseguono le indagini sulle cause dell'avvelenamento. L'ipotesi leptospirosi
  • Imane Fadil, l'ex modella morta per presunto avvelenamento - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
    Imane Fadil, l'ex modella morta per presunto avvelenamento - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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    Imane Fadil, l'ex modella morta per presunto avvelenamento - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
  • Imane Fadil, l'ex modella morta per presunto avvelenamento - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
    Imane Fadil, l'ex modella morta per presunto avvelenamento - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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«Non farla vedere a nessuno». È la scritta a mano che compare sul fascicolo dell'obitorio di Milano dove si trova il corpo di Imane Fadil, una delle testi chiave del processo Ruby, morta il primo marzo e nel pomeriggio di quello stesso giorno trasferita dalla clinica Humanitas all'obitorio. La frase apposta da uno degli addetti del Comune riporta l'ordine della Procura di non fare avvicinare nessuno, nemmeno amici e parenti, al cadavere della modella di 34 anni di origini marocchine da oltre due settimane «blindato» in attesa dell'autopsia.

Avvelenamento con particolari livelli chimici di metalli oppure presenza di radionuclidi nel sangue, dunque radioattività, ma anche infezioni batteriche rare come la leptospirosi. Sono questi - secondo le valutazioni dei tossicologi esperti - alcune delle cause compatibili con il quadro clinico legato al decesso di Imane Fadil, una delle testi chiave del caso Ruby, morta il primo marzo scorso dopo un mese di agonia. Tra i pareri, quello di Maurizio Soave, esperto del Centro antiveleni del Policlinico Gemelli di Roma, secondo il quale questa tipologia clinica «è compatibile con un avvelenamento da sostanze radioattive».

Nel caso dei metalli, rilevati anche nei campioni di sangue prelevati a Fadil sebbene in piccolissime quantità, i livelli tossici che caratterizzano un avvelenamento riguardano valori sopra le decine di unità microgrammi/litro. Questo tipo di avvelenamenti si verificano in Italia tre o quattro volte all'anno. Ma i metalli sono spesso presenti nel corpo umano e con diverse variabili: dalla forma chimica al tipo di ambiente in cui è esposto un soggetto, tanto che i dosaggi risultano diversi a seconda delle zone, dei tipi di acquedotto e dell'alimentazione.

«Ci sono livelli impercettibili del metallo che liberano radioattività», spiegano gli esperti, che indicano nell'Istituto di radioprotezione del Centro Enea il punto di riferimento nazionale per questo tipo di analisi. E secondo Soave, una delle cause dell'aplasia midollare, di cui è risultata affetta Imane Fadil, «è l'avvelenamento da sostanze  radioattive, o attraverso l'ingestione o attraverso l'irraggiamento. Ma in quest'ultimo caso sarebbe necessario un contatto con elementi radioattivi ad alta dose, una evenienza oggettivamente difficile. Sarà anche importante attendere i risultati relativi alla presenza di metalli nei campioni di sangue della donna - conclude Soave -. Anche in questo caso si tratta di sostanze di difficile reperimento e certamente non disponibili nei normali circuiti».

Ogni metallo ha la propria tossicità caratteristica e il più letale è il tallio, la stessa sostanza utilizzata da un 27enne arrestato arrestato nel 2017 per aver avvelenato tre parenti. Nel sangue vengono spesso rilevate presenze di cobalto, il cui livello tossico viene raggiunto solo quando supera le decine di unità di microgrammi/litro. Il cromo è meno pericoloso, seguito anche da nichel e molibdeno.

Tra gli avvelenamenti c'è anche quello da leptospirosi, una forma di infezione batterica causata dalla contaminazione con urine di ratti e che in rari casi può rivelarsi letale. Nel 2016 una tennista britannica, ritiratasi da Wimbledon dopo essere stata ricoverata in gravi condizioni per aver contratto l'infezione, denunciò di essere stata avvelenata attraverso questo tipo di contaminazione. La giovane a quanto pare versava in condizioni economiche non certo facili, al punto che si sarebbe ritirata a vivere in una cascina semiabbandonata, dimora rurale che sarebbe stata infestata per l'appunto anche da topi. Il che potrebbe forse suffragare l'ipotesi dell'infezione da leptospirosi.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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