Il viaggio del GdB: l'arrivo alla frontiera di Medyka
Il racconto di Nuri Fatolahzadeh, giornalista del Giornale di Brescia, che è in viaggio verso la Polonia con un gruppo di volontari di Folzano che hanno organizzato una delle numerose raccolte di beni di prima necessità per i profughi in fuga dall’Ucraina.
A Medyka si arriva alle prime ore del mattino. Alla frontiera 4 km di code per poter superare il varco ed entrare in territorio ucraino a scaricare gli aiuti. Ma c’è un’altra frontiera, dall’altro lato: alla spicciolata, a piedi e con tutto ciò che sono riuscite a stipare in un trolley o in uno zaino, arrivano donne e bambini. Ad accoglierle, in fondo al viale intarsiato dalle cancellate verdi che delimitano il perimetro tra Ucraina e Polonia, ci sono i volontari che offrono una primissima assistenza a chi, come loro, hanno dovuto affrontare nella maggior parte dei casi ore e ore di camminate e di attese.
Una tazza di the o caffè caldo e, finché ce n’è, un bicchierino di cioccolata calda per i più piccoli che spesso si trascinano il loro gioco preferito o il loro strumento musicale, un’ancora di normalità in questa loro vita stravolta dal conflitto. Per chi arriva c’è subito la possibilità di prendere una coperta o un cappotto, ma anche una borsa di vestiti da scegliere nei vari scatoloni posizionati a ridosso dell’ultimo tratto di strada polacco.Medyka si trova a circa un’ora e mezza di auto da Leopoli. È una piccolissima cittadina di provincia, quieta e popolata da gente che l’accoglienza non dà il tempo di chiederla: la mette in pratica. A una manciata di chilometri dalla frontiera è stato allestito un campo accoglienza per chi non sa dove andare.
La preoccupazione c’è, ma chi arriva è soprattutto contento - almeno per la prima mezz’ora- di essere uscito dall’incubo. Di avere portato in salvo i piccoli. Di vederli felici per una tazza di cioccolata calda.
Una signora di 77 anni offre il suo aiuto al banchetto: «A disposizione, serve aiuto?» ripete in continuazione a chi percorre il viale con il bagaglio. È ucraina, è arrivata a Medyka tre giorni fa: «Sono sola, non ho famiglia» spiega. Ecco perché ha deciso, una volta raggiunto il confine, di restarci: «per aiutare».
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