Il Texas devastato dalla furia dell'uragano Harvey

Scene apocalittiche nel Texas meridionale, dove il ciclone Harvey, ormai declassato a tempesta tropicale, ha sommerso città e paesi con le sue piogge torrenziali.

Houston, che con i suoi 6,6 milioni di abitanti è la quarta città più popolosa degli Usa, è rimasta in ginocchio, totalmente paralizzata da una marea di oltre un metro. Ora tocca anche alla Louisiana, dove Donald Trump ha già dichiarato lo stato di emergenza. 

Le vittime accertate finora sono dieci, ma i soccorsi non sono ancora conclusi. E il peggio deve ancora arrivare, avvisa il servizio meteo federale (Nws), secondo cui il picco delle inondazioni è atteso tra mercoledì o giovedì, quando cadranno 40-50 cm d'acqua. 

Finora sono precipitati 40mila miliardi di litri di pioggia e alla fine potrebbero più che raddoppiare, tanto che il Nws ha dovuto aggiungere nuovi colori (viola scuro e rosa chiaro) alle sue mappe per visualizzare in modo più efficace i vari gradi di intensità del fenomeno. Nel frattempo oggi il presidente e la first lady Melania, sono a Corpus Christi, la città dove Harvey ha toccato terra con tutta sua sua furia di uragano classe 4 (su 5), il peggiore dopo Katrina nel 2005. 

Il sindaco di Houston Sylvester Turner ha fornito i numeri provvisori della tragedia: 5.500 persone ospitate nei centri di accoglienza provvisori (ma la protezione civile ne prevede 30mila), 2000 salvate, centinaia di soccorsi critici in corso, 75mila telefonate al numero di emergenza. Oltre ai dieci morti, c’è un numero imprecisato di dispersi.

Intanto si mobilita «Corporate America», con donazioni alla Croce Rossa da Apple a Google, da Exxon Mobil a Caterpillar. E si cominciano a ipotizzare i danni: JP Morgan stima perdite per il settore assicurativo fino a 20 miliardi di dollari. Senza contare gli effetti della chiusura delle piattaforme petrolifere e degli impianti di raffinazione texani, che rappresentano un quarto della produzione del settore nel Golfo del Messico.