Italia e Estero

Il Regno Unito riapre tutto nonostante la variante Delta

Boris Johnson ha indicato il 19 luglio come «giorno della libertà»: punta sui vaccini e sul senso di responsabilità per la lotta al Covid
Il premier Borirs Johnson - Foto Epa/Andy Rain © www.giornaledibrescia.it
Il premier Borirs Johnson - Foto Epa/Andy Rain © www.giornaledibrescia.it
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I nuovi contagi Covid innescati nel Regno Unito dalla variante Delta importata dall'India continuano a correre e aumenteranno ancora.

Boris Johnson lo sa e lo dice apertamente, ma è pronto a completare il percorso verso l'uscita pressoché totale dell'isola dal lockdown fra un paio di settimane, senza più obblighi legali sul distanziamento o sull'uso di mascherine, scommettendo tutto - prima e più velocemente di qualsiasi altro Paese al mondo - sulla responsabilità personale della gente e soprattutto sull'efficacia dei vaccini. Vaccini che, somministrati oltre Manica a ritmi record, stanno per ora frenando l'impatto sui ricoveri negli ospedali (per quanto in ascesa) e in primis sul numero di morti quotidiani, passato a un decesso ogni mille infezioni contro 1 su 60 toccato nell'inverno appena trascorso.

L'annuncio del premier Tory alla nazione, largamente anticipato, è giunto durante una nuova conferenza stampa da Downing Street. Mentre alla Camera dei Comuni ad aggiornare i deputati veniva mandato il nuovo ministro «libertario» della Sanità, Sajid Javid. La formalizzazione dei tempi di questa sorta di «tana libera tutti» dovrà essere confermata il 12. Ma nelle parole di Johnson la meta è segnata, senza ulteriori possibili deviazioni dalla data del 19 luglio, indicata pomposamente come quella del «giorno della libertà», dopo la scelta di rinviare la scadenza iniziale del 21 giugno della quarta e ultima tappa della roadmap delle riaperture proprio sullo sfondo dell'allerta Delta.

La pandemia «è lungi dall'essere finita e non lo sarà nemmeno il 19», ha tagliato corto il primo ministro, riconoscendo di fronte al Paese che i contagi potrebbero arrivare a 50.000 al giorno, con un parallelo incremento inevitabile - seppure più contenuto - di ricoveri e morti «purtroppo». Ma insistendo che la ripartenza non è più rinviabile, che bisogna cogliere l'occasione dell'estate (a scuole chiuse e senza altre infezioni respiratorie diffuse in giro) per cambiare registro mentre i vaccini s'impenneranno da subito fino «a due terzi della popolazione adulta interamente immunizzata» e al 100% «entro settembre. Senza attendere l'inverno», quando «il virus tornerà ad avere il vantaggio» della stagione fredda.

In sostanza l'obiettivo diventa non solo quello previsto di mettere fine ai divieti ancora in vigore sui locali notturni o di allentare le limitazioni per cinema, teatri, concerti, eventi di massa; bensì di cancellare pure ogni direttiva vincolante sulle mascherine nei luoghi pubblici al chiuso (pur col «suggerimento» di continuare a indossarle volontariamente sui mezzi di trasporto o in ambienti affollati), sul distanziamento interpersonale di almeno un metro, sul lavoro da casa.

Un ritorno quasi alla normalità, insomma, limitato per ora all'Inghilterra (dove vive quasi il 90% della popolazione del Regno), in attesa che i governi locali di Scozia, Galles e Irlanda del Nord decidano se adeguarsi (probabilmente ad agosto) o meno. Per BoJo si tratta di restituire alla gente «l'esercizio del giudizio» individuale «informato», nella consapevolezza che il Covid non è definitivamente battuto, ma non potrà nemmeno essere azzerato. E che quindi bisogna imparare a «conviverci», con buonsenso e prudenza, non in uno stato d'emergenza perpetuo.

Un modello, giocato sull'efficacia dello scudo parziale delle vaccinazioni, a cui gli altri governi europei guardano inevitabilmente con attenzione. E che del resto non impedisce allo stesso gabinetto Tory di mantenere intanto una sostanziale blindatura dei confini: confermata anche, in vista della fase clou londinese degli Europei di calcio, per i tifosi non in grado di sottoporsi a quarantena che volessero sbarcare dall'estero, Italia compresa; e a dispetto del controverso ampliamento massiccio degli spettatori «autoctoni» ammessi sugli spalti dello stadio di Wembley, sia per le due semifinali (Italia-Spagna di oggi e Inghilterra-Danimarca di domani) sia per la finale, fino al 75% della capienza e a ben 60.000 persone.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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