Il progetto per ridurre la troppa plastica nel Mediterraneo
La plastica in mare si conferma un nemico per tutto il Mediterraneo, tanto che «oltre il 99% dei rifiuti è costituito da materiali plastici». Questi i nuovi dati di Legambiente sui rifiuti galleggianti, ottenuti grazie alle analisi e al monitoraggio di Goletta verde, e diffusi in occasione della presentazione di Common (Coastal management and monitoring network for tackling marine litter in Mediterranean sea), il progetto europeo finanziato nell'ambito del programma Eni Cbc Med dedicato al problema dei rifiuti in mare grazie ad un approccio integrato.
Secondo i dati di Legambiente «da luglio ad agosto», per quasi 300 chilometri di navigazione, è stata registrata «una media di 230 rifiuti per kmq. La percentuale più alta spetta al mar Tirreno (51,5%), segue l'Adriatico (40,9%) e lo Jonio (7,6%)».
Il progetto europeo Common punta a costruire una rete di collaborazione tra Italia, Tunisia e Libano per favorire la riduzione dei rifiuti marini, guardando alla sponda sud orientale del Mediterraneo. Oltre a Legambiente, sono coinvolti l'università di Siena, l'Istituto nazionale di scienze e tecnologie del mare di Tunisi, l'Istituto agronomico mediterraneo di Bari, l'ong libanese Amwaj of the environment, l'università di Sousse e la riserva naturale di Tyre in Libano. L'obiettivo comune è la riduzione della spazzatura marina utilizzando i principi della Gestione integrata delle zone costiere (Iczm) in 5 aree pilota (in Italia saranno due, una in Maremma e una in Puglia), pianificando l'uso e il monitoraggio delle risorse e utilizzando un approccio partecipativo che coinvolga le parti interessate e le comunità locali. L'ambizione è di testare un modello potenzialmente replicabile a tutto il Mediterraneo.
Delle cinque aree pilota due sono in Italia (in Maremma e in Puglia), due in Tunisia (Isole Kuriate e Monastir) una in Libano (riserva naturale di Tyre). Tra i punti principali di Common c'è la gestione di un network permanente per il coordinamento dei centri di recupero di tartarughe marine; inoltre, il progetto intende promuovere il bando dei sacchetti in plastica in tutto il bacino del Mediterraneo.
«L'ingestione di microplastiche è stata documentata per 76 specie mediterranee tra cui pesci e tartarughe marine - dichiara Maria Cristina Fossi dell'università di Siena - e nonostante i recenti progressi scientifici c'è bisogno di colmare le carenze attuali sulla conoscenza del tema. La crescente urgenza e complessità delle sfide sociali interconnesse con i rifiuti marini richiede che vengano affrontate attraverso il rafforzamento di scienza, politica e società».
Libano e Tunisia - viene spiegato - hanno «grandi difficoltà nel sistema di raccolta e gestione dei rifiuti. Sebbene non sia una grande produttrice di plastica, il suo consumo è altissimo: oltre 25 mila tonnellate di plastica prodotte nel 2016, con un riciclaggio stimato al 4% del totale. Il Mediterraneo conta circa 10mila tonnellate di plastica provenienti dalla Tunisia, e circa 40mila tonnellate provenienti dall'Italia».
In Libano, «la produzione di rifiuti totali è stimata a 481 kg pro-capite all'anno, dei quali il 55% viene scaricato in cassonetti indifferenziati e solo il 18% dei rifiuti solidi urbani viene riciclato e avviato al compostaggio. Per di più, il 90% dei rifiuti industriali e il 30% dei rifiuti ospedalieri vengono smaltiti insieme ai rifiuti domestici, e di questi il 4% è classificato come pericoloso. L'85% dei rifiuti solidi prodotti in Libano, tra cui rifiuti marittimi, viene smaltito in discarica senza alcun trattamento. Studi recenti hanno dimostrato che l'80% dei rifiuti marini in Libano è composto da plastica, con 124mila kg al giorno smaltiti inadeguatamente».
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