Italia e Estero

Il messaggio di fine anno del presidente Sergio Mattarella

Un discorso che ha toccato temi politici, ma che si è concentrato anche sui sentimenti, invitando gli italiani a fare comunità
Il messaggio di fine anno del Presidente Mattarella
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«Care concittadine e cari concittadini, siamo nel tempo dei social, in cui molti vivono connessi in rete e comunicano di continuo ciò che pensano e anche quel che fanno nella vita quotidiana. Tempi e abitudini cambiano ma questo appuntamento - nato decenni fa con il primo Presidente, Luigi Einaudi - non è un rito formale. Mi assegna il compito di rivolgere, a tutti voi, gli auguri per il nuovo anno: è un appuntamento tradizionale, sempre attuale e, per me, graditissimo. Permette di formulare, certo non un bilancio, ma qualche considerazione sull'anno trascorso. Mi consente di trasmettere quel che ho sentito e ricevuto in molte occasioni nel corso dell'anno da parte di tanti nostri concittadini, quasi dando in questo modo loro voce. E di farlo da qui, dal Quirinale, casa di tutti gli italiani». 

Esordisce il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo discorso di fine anno. 

«Non dobbiamo aver timore di manifestare buoni sentimenti che rendono migliore la nostra società». In un'Italia ripiegata su se stessa, spaventata dall'altro ed indurita nei giudizi, Mattarella sceglie di parlare agli italiani di sentimenti. Una scelta quasi rivoluzionaria nella notte di san Silvestro che ci ha traghettato nel 2019 dopo un anno vissuto nevroticamente dalla politica, denso di tensioni sociali e casi di cronaca. 

In 14 minuti dal suo studio «alla Palazzina» il presidente della Repubblica parla veramente agli italiani mirando al cuore, cercando di risvegliare quel senso di comunità che è la cifra del suo settennato. Lo fa con il suo tono garbato, evitando punte polemiche e attacchi diretti alle forze politiche. Ma senza evitare gran parte dei temi caldi, sia quelli che hanno animato il dibattito politico sia quelli che agitano i sonni dei cittadini. Abbassare i toni per ritrovarsi italiani, innanzitutto. 

«Sentirsi comunità - premette sin dall'inizio Mattarella - significa responsabilità, perché ciascuno di noi è protagonista del futuro del nostro Paese. Ma vuol dire anche essere rispettosi gli uni degli altri. Vuol dire essere consapevoli degli elementi che ci uniscono e nel battersi, come è giusto, per le proprie idee rifiutare l'astio, l'insulto, l'intolleranza, che creano ostilità e timore». 

Comunità è la parola chiave di questo quarto messaggio di Mattarella. E su questo concetto insiste: «sentirsi comunità significa condividere valori, prospettive, ma anche diritti e doveri. Il capo dello Stato piuttosto che tracciare un bilancio del 2018 preferisce proiettarsi nel 2019, ma non può - e non vuole - evitare di togliersi un sassolino che gli è stato rifilato proprio alla vigilia: il ritardo nell'approvazione della legge di Bilancio. 

«Mi auguro vivamente che il Parlamento, il Governo, i gruppi politici trovino il modo di discutere costruttivamente su quanto avvenuto; e assicurino per il futuro condizioni adeguate di esame e di confronto», premette il presidente che poi aggiunge: «La grande compressione dell'esame parlamentare e la mancanza di un opportuno confronto con i corpi sociali richiedono adesso un'attenta verifica dei contenuti del provvedimento». 

Il che tradotto significa che non tollererà più un esautoramento del Parlamento e che adesso spetterà anche al Quirinale vigilare sul dispiegarsi della manovra che necessità ancora dei decreti di attuazione. Chiuso l'unico passaggio politico Mattarella torna ai sentimenti, ai diritti e ai doveri della «comunità». E uno dei sentimenti che agitano gli italiani è proprio la paura. Il presidente non ci gira intorno e subito chiarisce che è semplicemente un diritto di tutti. 

«La domanda di sicurezza è particolarmente forte in alcune aree del Paese, dove la prepotenza delle mafie si fa sentire più pesantemente. E in molte periferie urbane dove il degrado favorisce il diffondersi della criminalità». Per cui «non sono ammissibili zone franche dove la legge non è osservata e si ha talvolta l'impressione di istituzioni inadeguate, con cittadini che si sentono soli e indifesi». Ma non è tutto così semplice e il capo dello Stato cerca di indurre riflessione agli italiani e «ai 5 milioni di immigrati che vivono, lavorano, vanno a scuola, praticano sport, nel nostro Paese», a cui ha rivolto i propri auguri: «La vera sicurezza si realizza, con efficacia, preservando e garantendo i valori positivi della convivenza». 

«Sicurezza - aggiunge - è anche lavoro, istruzione, più equa distribuzione delle opportunità per i giovani, attenzione per gli anziani, serenità per i pensionati dopo una vita di lavoro». E, prima di congedarsi, augura buon anno, assieme agli italiani in patria e all'estero, anche «ai cinque milioni di immigrati che vivono, lavorano, vanno a scuola, praticano sport, nel nostro Paese».

Serve quindi «l'Italia che cuce e ricuce», che non si vergogna dei buoni sentimenti e che non deve mai dimenticare che l'enorme debito pubblico «ipoteca» il futuro dei nostri figli. C'è spazio ancora per riflessioni di grande attualità: ad esempio evitare «le tasse sulla bontà», come quella introdotta in manovra e sulla quale il governo si è impegnato a intervenire in tempi rapidi. O quella sul Servizio sanitario nazionale che «è stato - ed è - il grande motore di giustizia, un vanto del sistema Italia. Un patrimonio da preservare e da potenziare». 

Un passaggio che molti leggono come paletto a forme esasperate di autonomia. E non manca un accenno alla violenza nel mondo del calcio che «autorità pubbliche e club hanno il dovere di debellare». Non si poteva chiudere senza uno sguardo al principale appuntamento del 2019: le elezioni europee. «Mi auguro che la campagna elettorale si svolga con serenità e sia l'occasione di un serio confronto sul futuro dell'Europa». Perché l'Italia ha scelto l'Europa e deve essere «protagonista» del suo cambiamento. Dall'interno, non dall'esterno. 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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