Italia e Estero

Il Kenya con l'incubo Hiv dopo il blocco degli aiuti Usa

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Freddie del Curatolo NAIROBI, 19 FEB - In Kenya è panico per almeno un milione e mezzo di malati di Hiv e per gli operatori umanitari, dopo il blocco degli aiuti americani voluti da Donald Trump. A quasi un mese dalla decisione di Washington di congelare per 3 mesi i finanziamenti all'agenzia americana Usaid, gran parte dei quali sono destinati all'Africa, la situazione in alcuni Paesi in via di sviluppo, inizia a diventare molto pesante, specialmente nel campo della sanità. A Nairobi, l'ente statale per la distribuzione dei farmaci Kemsa ha lanciato l'allarme avvertendo che le scorte di alcune medicine "salvavita", come ad esempio gli antiretrovirali per i malati di Hiv, stanno terminando e che se la situazione dovesse perdurare, anche per quanto riguarda malaria ed altre malattie le strutture pubbliche sarebbero impossibilitate a fornire medicinali gratis o a prezzi accessibili per la popolazione. "Le conseguenze potrebbero essere catastrofiche, perché a differenza degli altri progetti americani tagliati o sospesi, nel campo dei diritti umani o della governance, la sanità non può attendere e quella keniana dipende moltissimo da Usaid", spiega parlando ad ANSA Padre Renato Kizito Sesana, prete comboniano che opera da più di 50 anni in Africa e a Nairobi ha fondato la comunità Koinonia che aiuta i ragazzi di strada delle baraccopoli. Per Padre Kizito tre mesi per il Kenya sono una pericolosissima eternità. "Se non verranno garantite almeno le emergenze, e quella dell'HIV in Africa lo è, aumenteranno in men che non si dica i malati gravi e i morti". La preoccupazione degli operatori keniani sul campo è più che evidente. Per John Muli, co-fondatore della comunità Salama che si occupa delle madri adolescenti della baraccopoli di Kibera, la più estesa e popolosa del continente africano, dove è già evidente la difficoltà di accedere a farmaci che senza gli aiuti Usaid, costano troppo per le giovani donne dello slum. Questo può a breve attivare una catena di situazioni disperate. "Molte di loro sono sieropositive ed in cura con medicinali americani che evitano la trasmissione dell'Aids da madri a figli durante l'allattamento - dice Muli ad ANSA - c'è molta paura per la sorte di tanti neonati. In più se le giovani vorranno continuare a curarsi, avranno bisogno di denaro e per procurarselo saranno costrette a prostituirsi, con il rischio concreto di una nuova crescita esponenziale della malattia a Nairobi, anche perché Usaid distribuiva gratuitamente anche i preservativi". A Kibera attualmente più di una persona su 10 è sieropositiva, il doppio della media nazionale, una media che rischia di aumentare in maniera esponenziale di giorno in giorno. La richiesta delle organizzazioni non governative agli Usa è quella di riattivare almeno il piano sanitario Pepfar, che in 20 anni in Africa orientale ha elargito oltre 8 miliardi di dollari, a fronte di 110 miliardi totali per la risposta globale ad Hiv e Aids.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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