Il Governo Conte è in bilico ancora prima di partire
Sembrava quasi fatta, ma ora l'accordo tra Lega e M5s sul candidato premier e sulla squadra di governo sembra di nuovo prendere il largo. La rincorsa verso l'incarico al candidato giallo-verde e a seguire la delicata architettura di pesi e contrappesi tra le due forze politiche inizia a scricchiolare sotto il peso di due macigni: il fardello del candidato al Tesoro che vuole Matteo Salvini ma che lascia dubbioso il Colle e il profilo del candidato premier portato da Luigi Di Maio, finito sotto la lente macroscopica del mondo intero mentre rimbalza la polemica, tutta italiana, dell'avversione ai premier «tecnici».
Sono i due tasselli che stanno mettendo così a rischio l'impalcatura del nascente governo da far balzare di nuovo all'ordine del giorno il ritorno della tentazione «Di Maio Premier». Un'opzione che sembra arrivare soprattutto come un warning di avviso ai naviganti. M5s e Lega ostentano tranquillità e pubblicamente vanno dritti per la loro strada. «Nessun veto» è arrivato dal Quirinale sul nome di Paolo Savona e dunque, si va avanti così. A metà giornata ancora non sembrava palesarsi alcun cambio di scenario rispetto alla vigilia. Subito dopo, durante un faccia a faccia lontano da occhi e orecchie indiscreti, Di Maio e Salvini hanno dovuto prendere il toro per le corna. Riesaminare il caso Savona e, soprattutto, valutare la tempesta piovuta sul nome di Conte. Con una consapevolezza ben chiara. Se il Colle dovesse mettere il bastone alle ruote del carro di Salvini, allora si rimetterebbe tutto in discussione. Se dovesse arrivare il niet su Savona, allora sarebbe necessario rimettere in discussione il ruolo di Giancarlo Giorgetti e comunque si tratterebbe di ricercare la quadra su due incarichi di peso nel nascituro governo. Tanto che se si dovesse decidere di ripartire da capo si rischierebbe di ricominciare anche dal nome del premier. Che oggi ha iniziato a scricchiolare sotto il peso di attacchi che nessuno può sapere se sono finiti.
In attesa che Mattarella espliciti le proprie decisioni, restano tutti i dubbi sul profilo di Conte. Da un lato il fatto che si possa trovare a fare il presidente del consiglio senza una base politica solida, dall’altro le parti gonfiate nel suo curriculum. Sul sito dell'Associazione dei civilisti italiani, il premier in pectore ha scritto infatti di aver «perfezionato» i suoi studi giuridici in una serie di prestigiose università europee ed americane, tra le quali la New York University. Ma il nome di Giuseppe Conte non risulta negli archivi dell'università, ha accertato il New York Times, che ha citato un portavoce dell'Ateneo: «Una persona con questo nome non risulta nei nostri archivi, né come studente, né come membro di facoltà». Dopo frenetici contatti con il professore, M5s è sceso in sua difesa: «Nel suo curriculum ha scritto che alla New York University ha perfezionato e aggiornato i suoi studi. Non ha mai citato corsi o master frequentati».
Il Post ha inoltre messo in sequenza le altre parti poco chiare della carriera di Conte, come gli studi all’Università di Cambridge (smentiti da una fonte citata da Reuters), o ancora alla Duquesne University di Pittsburgh e alla Sorbona di Parigi, anche questi smentiti dagli atenei, come raccontato dal Messaggero e da Repubblica. Ma ci sono anche parti gonfiate che riguardano la sua carriera lavorativa: si definisce ad esempio «consulente legale della Camera di Commercio, dell’Industria e dell’Artigianato di Roma», anche se negli ultimi anni risulta una sola consulenza da 1.920 euro.
In una giornata particolarmente complessa per Conte emerge poi che, nel 2013, come avvocato, difese la famiglia della piccola Sofia, una bimba con una malattia degenerativa che chiedeva la somministrazione della cura Stamina ideata da Davide Vannoni; ma che, soprattutto, promosse la Fondazione pro-Stamina creata dalla famiglia di Sofia, che a sua volta sosteneva la Fondazione di Vannoni.
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