Il fascino (molto snob) di Bergamo alta: «Qui turisti da sempre e da tutto il mondo»
Questo reportage è parte del progetto «Interviste allo specchio» (anche se questa settimana si tratta, appunto, di un reportage) condiviso con L’Eco di Bergamo e nato in occasione del 2023, l’anno che vede i due capoluoghi uniti come Capitale della Cultura 2023. Ogni domenica i due quotidiani propongono l’intervista a due personaggi autorevoli del mondo culturale (nell’accezione più ampia), uno bresciano e uno bergamasco, realizzate da giornalisti delle due testate. Eccezionalmente per questa settimana, di seguito trovate invece il racconto di Bergamo visitata da un giornalista del GdB. Per scoprire il contenuto della visita dell’omologo bergamasco invece, vi rinviamo a L'Eco di Bergamo (in calce all’intervista trovate il link diretto alla pagina dedicata del quotidiano orobico).
Lo sapevate che la polenta è un «typical Bergamo food»? Evidentemente le nostre nonne erano andate in terra orobica a imparare come cuocerla al meglio. Sempre per restare nelle cascine dei tempi andati, lo sapevate che (anche) i casoncelli sono un «typical Bergamo food»? E fermiamoci qui che già fa caldo. E poi siamo Capitale della Cultura con i cugini bergamaschi quindi non è il caso di aprire diatribe. Avremmo molto da dire (e con noi il popolo di Barbariga, solo per fare un esempio), ma non facciamo polemiche.
Anche perché va fatta un’ammissione di colpa preliminare prima di arrivare al dunque (e che dunque, va detto). Quindi: può un uomo di mezza età (moderatamente di mondo) essere arrivato a questo traguardo senza aver mai fatto tappa a Bergamo alta? La risposta è: sì, può. Poteva il predetto non approfittare, per sanare questa disdicevole manchevolezza, di quest’anno che è, appunto, all’insegna del quanto siamo belli noi quanto siete belli voi? La risposta è: no, non poteva.
Certo, organizzare la gita in una delle giornate più afosamente e intollerabilmente calde dell’estate non è stata propriamente una genialata, ma queste sono cose private sulle quali è meglio sorvolare. Allora eccola l’auto che si accende alle due del pomeriggio, con il volante incandescente e il termometro che segna 43.5 gradi. Perché ovviamente era parcheggiata al sole, troppo facile altrimenti. Dettagli, si parte, destinazione Bergamo alta.
Una deliziosa millegradini
Il programma è delineato in linea di massima, si parcheggia, ci si incammina, si imbocca una scala (su internet viene segnalata una deliziosa millegradini), si arriva, si guarda, si cena, si scende. Al punto due i buoni propositi iniziano a vacillare, lungo viale Vittorio Emanuele la sgradevole sensazione di sciogliersi sull’asfalto passo dopo passo come un ghiacciolo incautamente tolto dal freezer insinua il dubbio che la visita a Bergamo alta non è poi così urgente, ha aspettato anni diamine. Nella mente quei millegradini all’improvviso sembrano la scalata dell’Everest. Ma ecco che inaspettatamente prende corpo la salvezza, non è un miraggio, è davvero la funicolare. Così vicina, che meraviglia.
Non è proprio chiaro quale delle sei opzioni sia quella giusta, ma siamo annebbiati dalla canicola, sarà colpa nostra. Una signora di età avanzata (che non suda, sarà l’esperienza) si impietosisce e sceglie il tasto uno: si sale e si scende entro 75 minuti a un euro e cinquanta centesimi. Ci sta. C’è gente, tanta gente. Il tragitto è molto romantico, si ha subito la sensazione di essere in vacanza. Pochi secondi ed eccoci al suo cospetto, la città alta ci accoglie con il suo fascino elegantemente snob.
Usciti dalla funicolare siamo in piazza Mercato delle scarpe, lo leggiamo su Google Maps perché portare la cartina avrebbe dato un tono troppo agée alla trasferta. Davanti a noi c’è «polentOne» dove la polenta è take away, ovvero da passeggio. Idea certo sfiziosa, ma forse è meglio una granita. E poi quella specifica, «typical Bergamo food», urta le nostre certezze. E il nostro orgoglio. Ma continua a far caldo, avanti senza polemiche. Il borghetto medievale ha un aspetto molto toscano, graziosamente accogliente, molto turistico. E infatti di turisti ce ne sono eccome.
C’è anche un negozio di souvenir, di quelli che a Brescia non si vedono di certo. C’è un po’ di tutto, ci fosse stato il duomo segnatempo (azzurro con il sole e rosa con la pioggia) ci saremmo dovuti inchinare alla superiorità assoluta del luogo, così non è. Chiediamo sommessamente se l’anno della Capitale ha portato un aumento di presenze. «Qui da sempre ci sono milioni (milioni, ndr) di turisti da tutto il mondo (da tutto il mondo, ndr), non saprei dire se c’è stato un aumento» taglia corto una negoziante. Ci scusi, eh.
Meraviglia
Proseguiamo lungo via Gombito, che a occhio dovrebbe essere la via dello struscio, infatti è affollatissima. Una salumeria ha in vetrina i casoncelli bergamaschi, con la specifica territoriale sottolineata. Acceleriamo il passo. Piazza vecchia ci attende placidamente, la attraversiamo al cospetto del Campanone, subito dietro ecco il duomo, di fronte a lui il battistero e lì accanto (tutto in pochissimi metri) la basilica Santa Maria Maggiore, un vero scrigno delle meraviglie da vedere assolutamente. Rinfrescati financo nell’animo ci dirigiamo verso la meritata cena.
Sfidiamo i casoncelli. Il cameriere, che ha evidentemente visto molte puntate di Quattro ristoranti con Alessandro Borghese, ci spiega che i casoncelli li hanno inventati proprio lì, a Bergamo alta, secoli fa; «a quel tempo mica si registravano i marchi, così ce li hanno copiati tutti» precisa convinto. Pochi minuti e arrivano, generoso burro versato e una foglia di salvia a insaporire. Uguali a quelli della nonna bresciana. Niente polemiche. Solo per quest’anno però.
Qui il reportage realizzato da L'Eco di Bergamo.
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