Il Covid in Europa, dove crescono i nuovi contagi
Le vacanze e i luoghi turistici sono diventati quest'estate fonte di contagio e di focolai in tutta Europa, dove - ovunque si guardi - il coronavirus è in piena ripresa. In Francia, dove da giorni si registrano migliaia di nuovi contagi (1.955 ieri, quasi 5mila quello precedente), desta preoccupazione una spiaggia per nudisti nel resort di Cap d'Agde, nella regione dell'Hérault, dove sono stati trovati quasi 100 positivi. «Siamo in una situazione rischiosa», ha ammesso Olivier Véran, ministro della Sanità. Come per l'Italia, non sono all'ordine del giorno misure restrittive generalizzate, ma misure territoriali e controlli.
Intanto, però, la Germania ha inserito le regioni francesi dell'Ile-de-France (Parigi) e di Provenza-Alpi-Costa azzurra nella lista delle zone a rischio per il coronavirus. L’annuncio è arrivato ieri sera dal ministero della Salute di Berlino. Questo significa che chi rientra da queste zone dovrà sottoporsi a un test e restare in quarantena fino al risultato.
Un po’ come accade in Italia, che però non ha messo la Francia nell’elenco dei Paesi a rischio come invece successo a Malta, Croazia, Grecia e Spagna. I dati dell’Oms mostrano come il contagio sia tornato a correre in molti Stati europei, ma non alla stessa velocità. Paragonare i numeri assoluti dei nuovi positivi giornalieri sarebbe fuorviante, perché ogni nazione somministra test e tamponi con differenti criteri, i dati che vanno a comporre i report non seguono le stesse linee guida e sarebbe necessario parametrarli alla popolazione.
Un’idea più precisa è però offerta dal numero di casi positivi per ogni milione di abitanti di uno Stato: nel grafico che segue trovate l’Italia (di colore verde) messa a confronto con i «bad four», ovvero Spagna, Croazia, Malta e Grecia, a cui abbiamo aggiunto anche Germania, Regno Unito e Francia (arancione).
La crescita dei contagiati in Spagna, Croazia e Malta è certamente significativa, lo stesso non si può dire per la Grecia, ma l’analisi deve anche tenere conto delle mete più gettonate per le vacanze estive dagli italiani che hanno scelto di varcare il confine.
Secondo la Fiavet, la Federazione italiana associazioni imprese viaggi e turismo, sono almeno 10mila gli italiani che la settimana di Ferragosto erano in vacanza all'estero. Numeri lontanissimi da quelli registrati lo scorso anno, «a dimostrazione - dice il Codacons - di come il Covid abbia influito sulle abitudini dei cittadini e sulla scelte delle mete di villeggiatura». Nel 2019 circa 8,6 milioni di italiani andarono in vacanza all'estero nel periodo estivo - dice l'associazione di consumatori - e di questi il 30% optò per le isole della Grecia, il 25% per la Croazia e il 19% andò in Spagna.
Mete, queste, dunque particolarmente apprezzate da giovani e giovanissimi, più colpiti dal virus in questa fase rispetto alla prima ondata. E per questo messe sotto osservazione.
I picchi più drammatici in Europa continuano però a registrarsi in Spagna, con quasi 20.000 nuovi casi solo da venerdì scorso - 2.060 nelle ultime 24 ore - superando il totale di 400mila contagi dall'inizio della pandemia. Il Centro per il coordinamento sanitario di Madrid raccomanda al governo misure «drastiche». Da ieri la Catalogna ha vietato gli assembramenti di più di 10 persone, in aggiunta alle restrizioni già in vigore, dal divieto di fumo senza distanziamento all'uso delle mascherine.
Il virus non si arresta neanche in Germania, dove però la situazione - a differenza della Spagna dove tutte le regioni registrano focolai in crescita - differisce di molto fra i vari Laender. «I numeri in sé in Germania sono ancora gestibili, ma il problema è la dinamica. C'è un momento in cui la situazione si ribalta. E dunque bisogna restare vigili», ha detto il ministro della Salute, Jens Spahn. Da fine luglio in Germania si registrano oltre 1.000 nuovi casi al giorno e sabato si è superato il picco dei 2.000.
Nel Regno Unito, dove nelle ultime 24 ore vengono registrati 853 nuovi contagi che portano il totale a 326.614, con 4 nuovi decessi, il mantra è ormai quello della necessità di riavviare al più presto le scuole: dopo i dati confortanti sui contagi nelle aule delle elementari - 70 su un milione di bambini tornati a scuola in giugno - oggi anche il premier Boris Johnson ha inviato un messaggio per rassicurare i genitori: il ritorno sui banchi a settembre - ha dichiarato - «è vitale», a fronte di rischi «molti piccoli».
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