«Il coronavirus ha corso lungo ferrovie e autostrade»
Le vie di comunicazione a raggiera della Pianura Padana, i collegamenti tra Liguria e Toscana, la Via Emilia: in Italia l’epidemia di Covid-19 ha mosso velocemente i suoi primi passi seguendo i percorsi delle principali infrastrutture di trasporto, ossia ferrovie e autostrade. Per questo la mobilità resta un elemento cruciale da valutare attentamente anche in vista della cosiddetta «Fase 2».
Lo spiega Marino Gatto, professore di Ecologia del Politecnico di Milano e primo autore di uno studio in via di pubblicazione sulla rivista dell’Accademia americana delle scienze (Pnas) che ricostruisce la mappa del contagio nel nostro Paese. Lo studio è stato realizzato da ricercatori italiani che lavorano presso il Politecnico di Milano, l’Università Cà Foscari di Venezia, l’Università di Zurigo, il Politecnico federale di Losanna (Epfl) e l’Università di Padova.
Come risultato ha prodotto «il primo modello di contagio per l’Italia che tiene conto sia dell’evoluzione temporale dell’infezione nelle popolazioni locali che della loro evoluzione spaziale», spiega Gatto.
«Sappiamo che il virus si propaga per contatto diretto tra le persone - precisa l’esperto - e le vie di trasporto hanno sicuramente favorito la diffusione del contagio dai primi focolai».
Lo studio ha preso in considerazione sia l’evoluzione temporale dell’infezione nelle popolazioni locali che la loro distribuzione geografica, integrando gli spostamenti degli individui per raggiungere il luogo di lavoro, con una risoluzione a livello provinciale. Sono stati usati censimenti Istat per stimare la mobilità prima dell’epidemia e uno studio indipendente che ha sfruttato la geolocalizzazione dei cellulari per capire di quanto si è ridotta la mobilità con le restrizioni imposte.
L’animazione così prodotta mostra l’Italia del contagio che si accende di rosso, delineando zone ben precise. «Il maggiore focolaio si è sviluppato in Lombardia, che non a caso è tra le regioni meglio connesse col resto d’Italia e del mondo - afferma Gatto -. Nella Pianura Padana, dove le vie di trasporto sono a raggiera, il virus si è diffuso delineando cerchi concentrici sempre più larghi. In un secondo momento si è propagato in Veneto ed Emilia Romagna, prendendo la via Emilia per scendere verso le Marche».
Gli Appennini, in un certo senso, hanno fatto da tappo, e «i focolai della Liguria si sono propagati verso la Toscana, seguendo la tratta da La Spezia verso Lucca, Firenze e Siena». Il sud, paradossalmente, potrebbe essere stato risparmiato proprio per il minor sviluppo infrastrutturale.
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