Italia e Estero

Il caso Siri e lo scontro permanente tra Salvini e Di Maio

I due rappresentanti del governo gialloverde continuano a litigare sulla revoca del sottosegretario
Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini - Foto Ansa/Angelo Carconi © www.giornaledibrescia.it
Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini - Foto Ansa/Angelo Carconi © www.giornaledibrescia.it
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«Il governo va avanti, ma Siri deve andare a casa». Si concentra in questa frase, pronunciata da Luigi Di Maio in quel'Umbria segnata dalla corruzione, il nuovo scontro che attende M5s e Lega lunedì in Consiglio dei ministri. 

Sulla permanenza del sottosegretario il leader M5S ha deciso di giocarsi il primo jolly elettorale mirando ad uno dei pochi nervi scoperti della Lega. Spetterà al premier Giuseppe Conte, nel faccia a faccia previsto lunedì stesso, disinnescare l'ennesimo frontale, «accompagnando» Siri e il governo ad un epilogo che sembra sempre più probabile: l'allontanamento del sottosegretario dal governo. Sul tavolo, al momento, restano tutte le opzioni inclusa quella, ancora ieri ribadita da Matteo Salvini, che Siri resti dov'è. 

E c'è un'inchiesta dai risvolti potenzialmente imprevedibili. Ieri il quotidiano La Verità ha pubblicato la confidenza di una fonte della Procura di Roma secondo cui l'intercettazione in cui si parla dei 30mila euro che inchioderebbero Armando Siri, non esiste. «Ho letto che le intercettazioni non esisterebbero. Se così fosse sono sicuro che giudici magistrati e avvocati faranno bene ed in fretta il proprio lavoro», ha rilanciato Salvini. Ma il Corriere.it ha risposto pubblicando gli atti della procura in cui i 30mila sono citati, così come le intercettazioni tra Paolo Arata e il figlio. 

Proprio sui rapporti tra Arata e la Lega si concentrano i nuovi attacchi dei pentastellati. Salvini ha chiuso il caso dichiarando di avere incontrato Arata una sola volta, ma per Gianluca Castaldi le cose non sono così semplici: «Matteo Salvini non può cavarsela facendo finta di niente. Sull'inchiesta che coinvolge il sottosegretario Siri e sui suoi rapporti con l'imprenditore Paolo Arata, legato a quel Vito Nicastri per cui nei giorni scorsi è stata chiesta la condanna a 12 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, deve chiarire e subito». «Il ministro dell'Interno dice di aver incontrato Arata una sola volta? - si chiede poi Castaldi -. Singolare, visto che poi lo ha proposto ai vertici di Arera, l'Autorità di regolazione per energia reti e ambiente. Per non parlare del comizio che lo stesso Arata fece due anni fa durante un raduno della Lega a Piacenza e che proprio Salvini rilanciò sul suo profilo Twitter». 

Il fronte dei Cinque Stelle, sul tema, è compatto. Per Di Maio rimuovere Siri «è un dovere morale». Credo che la Lega debba prendere le distanze da lui e chiarire il suo ruolo, visto che il figlio è stato assunto da 
Giorgetti
». Il cammino per la revoca dell’incarico è però complicato. Conte, a prescindere dall'esito dell'incontro di lunedì, potrebbe comunque proporre nel Cdm la rimozione del sottosegretario. Per revocare un sottosegretario, come per la nomina, serve però un Decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio, di concerto con il ministro competente e sentito il Consiglio dei ministri. Il parere del Cdm in questo caso, non è vincolante mentre l'accordo del ministro competente - Danilo Toninelli - di fatto già c'è. A quel punto, osservano fonti M5S, se Salvini si opponesse alla decisione disconoscerebbe il ruolo del capo del governo arrivando allo strappo. Uno strappo che, per ora, non sembra convenire né a Di Maio né a Salvini, nonostante aumenti, di giorno in giorno, il pressing della Lega sul suo leader per staccare la spina. 

Per questo, salvo colpi di scena sul fronte dell'inchiesta, la via «politica» di Siri è oggi più stretta. In un contesto dove, nonostante la volontà reciproca di abbassare i toni, lo scontro Salvini-Di Maio resta. Con il leader M5S che sottolinea come il Movimento al governo sia «argine a atteggiamenti e derive inaccettabili» e chiede dal palco a Salvini di «fare al più presto i rimpatri promessi». Al suo fianco, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede paragona il dibattito sulla giustizia odierno a quello dei tempi di Berlusconi. A 31 giorni dalle Europee anche per il M5S è ufficialmente cominciata la compagna elettorale.  

 

 

 

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