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«I test sierologici non possono sostituire i tamponi»

Il Ministero della salute mette in guardia ancora una volta sui limiti di questo tipo di esami
L'analisi in laboratorio dei campioni di sangue - Foto Ansa/Epa/Julien Warnand © www.giornaledibrescia.it
L'analisi in laboratorio dei campioni di sangue - Foto Ansa/Epa/Julien Warnand © www.giornaledibrescia.it
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I test sierologici «non possono, allo stato attuale dell’evoluzione tecnologica, sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di Rna virale dai tamponi nasofaringei, secondo i protocolli indicati dall’Oms».

Lo scrive il Ministero della salute in una circolare del 9 maggio, in cui si sottolinea come «il risultato qualitativo ottenuto su un singolo campione di siero non è sufficientemente attendibile per una valutazione diagnostica, in quanto la rilevazione della presenza degli anticorpi mediante l’utilizzo di tali test non è, comunque, indicativo di un'infezione acuta in atto e, quindi, della presenza di virus nel paziente e del rischio associato a una sua diffusione nella comunità». Proprio per questo motivo, i casi positivi riscontrati con i test sierologici vengono comunque sottoposti a tampone. Il documento pone però forti dubbi sull'attendibilità dei negativi. «Per ragioni di possibile cross-reattività con differenti patogeni affini, quali altri coronavirus umani - si legge nella circolare -, il rilevamento degli anticorpi potrebbe non essere specifico della infezione da Sars-Cov-2».

Nel documento viene evidenziato che «l’assenza di rilevamento di anticorpi (non ancora presenti nel sangue di un individuo per il ritardo che fisiologicamente connota una risposta umorale rispetto al momento dell’infezione virale) non esclude la possibilità di un’infezione in atto in fase precoce o asintomatica e il relativo rischio di contagiosità dell’individuo». 

Attenzione, dunque, a riporre troppa fiducia nei test sierologici, che, come la stessa Organizzazione mondiale della sanità raccomanda, sono da usare «solo in ambito di ricerca». «Con la pubblicazione del 24 aprile 2020 “Immunity passports”, l’Oms ha evidenziato che tali test possono generare sia falsi positivi sia falsi negativi, con gravi conseguenze che possono influenzare le misure di prevenzione e controllo delle infezioni», si legge ancora nel documento ministeriale. Va proprio in questa direzione la campagna avviata a livello nazionale in 200 Comuni italiani, con 150mila test

Secondo il Ministero, i punti di forza di questo tipo di analisi sono i seguenti: 

1. Sono uno strumento importante per stimare la diffusione dell’infezione in una comunità;
2. La sierologia può evidenziare l’avvenuta esposizione al virus;
3. I metodi sierologici possono essere utili per l’identificazione dell’infezione da Sars-Cov-2 in individui asintomatici o con sintomatologia lieve o moderata che si presentino tardi alla osservazione clinica;
4. I metodi sierologici possono essere utili per più compiutamente definire il tasso di letalità dell’infezione virale rispetto al numero di pazienti contagiati da Sars-Cov-2.

Non mancano però le lacune, in merito alla «presenza di anticorpi neutralizzanti in grado di proteggere dalla infezione o malattia» e sulla «persistenza degli anticorpi a lungo termine».

Per le Regioni che stanno iniziando autonomamente a svolgere i test, come la Lombardia, «si fa presente che la qualità e l’affidabilità di un test dipendono in particolare dalle due caratteristiche di specificità e sensibilità, e pertanto, sebbene non sussistano in relazione ad esse obblighi di legge, è fortemente raccomandato l’utilizzo di test del tipo Clia e/o Elisa che abbiano una specificità non inferiore al 95% e una sensibilità non inferiore al 90%, al fine di ridurre il numero di risultati falsi positivi e falsi negativi. Al di sotto di tali soglie, l’affidabilità del risultato ottenuto non è adeguata alle finalità per cui i test vengono eseguiti». Per quanto riguarda, invece, i test rapidi (test eseguiti su sangue capillare), «essendo di natura puramente qualitativa, possono solo indicare la presenza o assenza di anticorpi. Si fa presente che, al meglio delle conoscenze oggi disponibili, non vi sono al momento evidenze prodotte da organismi terzi in relazione alla loro qualità».

Quali test possono essere usati? La domanda è centrale anche in vista della possibile apertura, in Lombardia, alle analisi nei laboratori privati per cittadini e lavoratori delle aziende. «A normativa europea vigente non possono fornirsi indicazioni cogenti circa i requisiti minimi dei test diagnostici, tenuto conto che la medesima non vincola i produttori che intendono immettere sul mercato un test non classificato come autodiagnostico ad una validazione rilasciata da organismi notificati, essendo sufficiente l’apposizione della marcatura Ce sotto la responsabilità del fabbricante».

Le indicazioni del Ministero sono «coerenti con lo stato dell’arte delle conoscenze disponibili, e sono, pertanto, suscettibili di aggiornamento in base all’evoluzione delle conoscenze e degli avanzamenti tecnologici». Non è dunque da escludere che in futuro la posizione sui test sierologici cambi. Per ora, «non possono essere considerati come strumenti diagnostici sostitutivi del test molecolare». Anche perché «un test anticorpale negativo può avere vari significati: una persona non è stata infettata da Sars-Cov-2, oppure è stata infettata molto recentemente (meno di 8-10 giorni prima) e non ha ancora sviluppato la risposta anticorpale al virus, oppure è stata infettata ma il titolo di anticorpi che ha sviluppato è, al momento dell’esecuzione del test, al di sotto del livello di rilevazione del test». 

 

 

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