Italia e Estero

I 30 anni dalla strage di Capaci: il ricordo di Giovanni Falcone

Oggi a Palermo la commemorazioni, a cui parteciperanno anche il sindaco di Brescia Emilio Del Bono e il presidente del Consiglio Cammarata
  • La cerimonia in ricordo della strage di Capaci
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Palermo e l'Italia ricordano Giovanni Falcone a 30 anni dalla strage di Capaci, in cui il giudice fu ucciso insieme alla moglie e alla scorta.

Il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, con il capo della Polizia Lamberto Giannini, ha deposto una corona di alloro alla Stele di Capaci. Nel pomeriggio sono attesi a Palermo anche il sindaco di Brescia, Emilio Del Bono, e il presidente del consiglio comunale, Roberto Cammarata.

La vedova dell'agente della scorta Vito Schifani è invece tornata a chiedere la verità sulla strage e si appella agli «uomini dello Stato che hanno tradito» affinché parlino. «Collaborate, fateci conoscere la verità»: un nuovo appello anche agli «uomini dello Stato che hanno tradito» Ai funerali la donna disse ai mafiosi: «Io vi perdono, però dovete mettervi in ginocchio». In un'intervista al Giornale radio Rai (Rai Radio1) afferma: «Direi di comportarsi degnamente, anche alle forze dell'ordine che indossano la divisa, di non sporcarla come hanno fatto in passato quelli che hanno tradito. Il mio appello è: cercate di avere una coscienza perché poi andrete a vedervela con Dio».

Oggi la Polizia di Stato ha ricordato con un video su Facebook la strage che «sconvolse il nostro Paese».

Al Foro Italico di Palermo anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Sono trascorsi trent'anni da quel terribile 23 maggio  - ha detto - allorché la storia della nostra Repubblica sembrò fermarsi come annientata dal dolore e dalla paura. Il silenzio assordante dopo l'inaudito boato rappresenta in maniera efficace il disorientamento che provò il Paese di fronte a quell'agguato senza precedenti, in cui persero la vita Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani». «La fermezza del suo operato nasceva dalla radicata convinzione che non vi fossero alternative al rispetto della legge, a qualunque costo, anche a quello della vita. Con la consapevolezza che in gioco fosse la dignità delle funzioni rivestite e la propria dignità. Coltivava il coraggio contro la viltà, frutto della paura e della fragilità di fronte all'arroganza della mafia. Falcone non si abbandonò mai alla rassegnazione o all'indifferenza» ha detto ancora il Capo dello Stato.

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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