Hong Kong, arresti e cartucce urticanti contro le proteste
La polizia di Hong Kong ha arrestato circa 240 persone nell'ambito delle proteste in corso contro la legge a tutela dell'inno nazionale cinese, in discussione al parlamento locale, e quella sulla sicurezza nazionale in arrivo da Pechino. In base a quanto scritto in un avviso sull'account Facebook, l'accusa è di «sospetta partecipazione a manifestazioni non autorizzate». La gran parte degli ultimi arresti sono stati eseguiti a Mong Kok. Gli agenti, per disperdere gli attivisti in movimento verso il parlamento, hanno sparato cartucce urticanti, nel mezzo poi della protesta decisa nella pausa pranzo. Centinaia di persone si sono radunate a Pedder Street, scandendo slogan come «cinque domande, non una di meno» e «sciogliete la polizia subito».
Le tensioni di oggi erano già ampiamente annunciate. Barricate e filo spinato sono stati sistemati nei giorni scorsi a difesa del parlamentino di Hong Kong, trasformato in un fortino. Da Pechino era poi arrivato il messaggio dei militari dopo il gran consulto con il presidente Xi Jinping: la guarnigione locale dell'Esercito di liberazione popolare ha «la determinazione, la fiducia e la capacità di proteggere la sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi di sviluppo» della Cina, ha assicurato il suo comandante Chen Daoxiang.
Oltre 30 sindacati, un network di 22 scuole superiori, le università e il passaparola sugli account criptati di Telegram hanno comunque invitato allo sciopero generale o alla mobilitazione sia intorno al parlamento, sia con «azioni mirate». Gli avvisi circolati ieri sollecitavano nel dettaglio l'occupazione delle strade principali e il blocco dei trasporti dalle prime ore del mattino. La polizia, che ha schierato 3.000 agenti in tenuta antisommossa dopo aver bloccato da alcuni giorni le vie d'accesso al parlamento, aveva invece chiesto di non ripetere le proteste di domenica che hanno portato a 193 arresti, tra cui 30 minori, con accuse quali manifestazione non autorizzata, rivolta, possesso di armi offensive e assalto. Chen, a margine del Congresso nazionale del popolo in corso a Pechino, ha detto alla Cctv che la guarnigione, forte di circa 10.000 soldati, «sostiene con forza» la legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong «per stabilire e migliorare un sistema legale e un meccanismo della sua applicazione» nell'ex colonia.
Un documento del parlamento di Hong Kong ha rilevato che il presidente dell'assemblea Andrew Leung ha messo a disposizione quattro giorni o un totale di 30 ore per le deliberazioni sulla legge di tutela dell'inno nazionale: ogni abuso o insulto alla Marcia dei Volontari (l'inno della Cina) può essere sanzionato con multe fino a 6.450 dollari e 3 anni di carcere. La votazione dovrebbe avvenire il 4 giugno, giorno della grande veglia a lume di candela a Victoria Park a ricordo del massacro di Piazza Tiananmen del 1989 e della fine delle restrizioni imposte dal governo locale per prevenire il Covid-19. Mentre la legge in discussione a Pechino, che sarà votata giovedì dal Congresso, includerebbe - secondo alcune bozze - un generico «divieto di attività che possano seriamente danneggiare la sicurezza nazionale» a Hong Kong, escludendo i giudici stranieri dell'ex colonia dall'esame dei relativi casi ed alimentando i timori sull'indipendenza del sistema giudiziario in base al modello «un Paese, due sistemi». La governatrice Carrie Lam ha provato a rassicurare sui timori di una stretta sulla città: «Non c'è bisogno di preoccuparsi. Siamo una società libera e, per il momento, la gente ha libertà di dire quello che vuole».
La tensione, però, continua ad alzarsi, anche a livello internazionale. La Cina «prenderà le necessarie contromisure contro le forze esterne che interferiscono su Hong Kong», è stata la replica del portavoce del ministero degli Esteri, Zhao Lijian, dopo che il presidente Usa Donald Trump ha detto di voler «fare qualcosa» contro la stretta avviata da Pechino. «Penso lo troverete molto interessante ma non ne parlerò oggi. È qualcosa di cui sentirete prima della fine della settimana, molto potente penso», ha poi aggiunto ieri il tycoon. Zhao ha sottolineato che la legge sulla sicurezza nazionale è «affare puramente interno della Cina».
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