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Green Pass e Stato di emergenza, cosa cambia dal 31 marzo

Molte le ipotesi sul tavolo. Dovrebbero tornare alle Regioni competenze sulla campagna vaccinale.
Green pass - Foto Ansa  © www.giornaledibrescia.it
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«Credo che già dal mese di marzo si possa prevedere un allentamento del Green pass, graduale, partendo magari ovviamente dai luoghi all'aperto», dopodiché si potrebbe «estendere l'allentamento anche ad altre misure. Mi pare che anche la scelta di togliere le mascherine all'aperto vada in questa direzione». Così ad Agorà su Rai 3, il sottosegretario alla Salute Andrea Costa. «Non c'è dubbio», ha aggiunto, che il Green pass «sarà attenuato, con la solita gradualità con cui il governo ha introdotto una serie e di misure restrittive, ci avvieremo anche verso un loro allentamento».

Un'anticipazione che pare foriera di ulteriori attenuazione delle misure anti-Covid tuttora in essere, secondo quello che pare una progressione avviata in parallelo al calo dei contagi. Molto è legato anche al protrarsi o meno dello stato di emergenza, con tutto quello che la valutazione - in atto proprio oggi - porta con sé.

Cosa cambierà dal 31 marzo: le ipotesi

Le competenze spacchettate e redistribuite a ministeri e Regioni, un elenco dettagliato di tutte le misure in vigore per capire se e quali prorogare, dallo smart working al Green Pass fino all'obbligo delle mascherine al chiuso, l'eventuale coinvolgimento della Protezione Civile al posto della struttura del generale Francesco Figliuolo. In vista del 31 marzo, quando scadrà lo stato di emergenza decretato oltre due anni fa, il governo ha iniziato a mettere mano a quella che sarà la gestione del post emergenza Covid. Una decisione non è ancora stata presa e lo stesso ministro della Salute Roberto Speranza ha già detto che «ogni valutazione è prematura», rimandando la scelta definitiva all'approssimarsi della scadenza, ma l'orientamento prevalente nel governo è quello di non prorogarlo.

Se i dati confermeranno il trend delle ultime settimane, dunque, la decisione che il governo dovrà prendere si sposterà su come ridistribuire le competenze e su quali misure mantenere in regime ordinario. Un discorso che l'esecutivo ha aperto già con il decreto con cui ha prorogato lo stato d'emergenza, quello della vigilia di Natale: all'articolo 1 è scritto che «il capo del Dipartimento della protezione civile e il Commissario straordinario per l'emergenza adottano anche ordinanze finalizzate alla programmazione della prosecuzione in via ordinaria delle attività necessarie al contrasto e al contenimento del fenomeno epidemiologico da Covid-19».

Dal ministero alle Regioni

Figliuolo e Fabrizio Curcio dovranno dunque predisporre gli interventi per il ritorno alla normalità. In concreto significa che alcune competenze, come la gestione dell'acquisto dei vaccini, resteranno in capo al ministero della Salute, al quale dovrebbe finire anche tutto ciò che riguarda gli acquisti di farmaci per la lotta al virus. Partita, quest'ultima, che però potrebbe riguardare anche le Regioni, alle quali dovrebbero invece tornare tutte le competenze su ciò che riguarda la campagna vaccinale e gli eventuali richiami, con un graduale passaggio della gestione dai grandi hub ai medici di famiglia, ai pediatri e agli ospedali.

È ancora aperto, invece, il discorso relativo alla logistica e alla distribuzione di farmaci e vaccini nonché quello sugli acquisti ora in carico a Figliuolo, dai dispositivi di protezione individuale ai ventilatori polmonari. Tra le ipotesi avanzate a dicembre c'era quella di creare una struttura di missione ad hoc a palazzo Chigi o un passaggio delle competenze dalla Struttura commissariale alla Protezione civile. Un nodo che non è ancora stato sciolto anche perché, se è vero che le competenze affidate al generale rientrano tra quelle che nelle emergenze fanno capo alla Protezione Civile, è altrettanto vero che il Dipartimento opera in deroga alle norme ordinarie nell'immediatezza e in vigenza dello stato  d'emergenza, non quando se ne decreta la fine.

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Cosa comporterebbe la fine dello stato di emergenza

L'altra questione che andrà risolta riguarda tutte le misure connesse allo stato d'emergenza, a partire dallo smart working: con il ritorno alla normativa ordinaria dovrà essere definito con accordi individuali tra azienda e lavoratori. Il Dipartimento della Protezione Civile, nei mesi scorsi, aveva predisposto l'elenco delle norme in vigore e dei provvedimenti di riferimento, con l'obiettivo di fornire al governo un quadro chiaro e consentire così di individuare quali misure portare avanti e quali lasciar cadere con la fine dell'emergenza, proponendo che, in caso di allungamento, la gestione degli interventi passi agli enti o ai ministeri competenti sulla specifica materia. Diverse sono le questioni da dirimere: andrà deciso se sciogliere o meno il Comitato tecnico scientifico - che è un organo consultivo del governo ed è strettamente legato all'emergenza tanto che fu la prima ordinanza dell'allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli a definirne organico e funzioni - e se prorogare l'uso delle mascherine al chiuso o toglierlo definitivamente come da venerdì avverrà all'aperto, ad eccezione delle Campania dove Vincenzo De Luca ha firmato un'ordinanza che ne proroga l'utilizzo fino a fine febbraio.

Vaccini - © www.giornaledibrescia.it
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Vaccini e Green pass

Infine, si dovrà fare una scelta sul futuro del green pass: per i lavoratori over 50 l'obbligo vaccinale è previsto fino al 15 giugno, ma per tutti gli altri? Anche in vista dell'estate, all'interno della stessa maggioranza di governo le visioni riguardo l'estensione della certificazione ai mesi più caldi sono divergenti. Sono molti i Paesi stranieri che stanno iniziando ad allentare o azzerare le misure di contenimento dell'emergenza, vedremo quindi come si muoverà il nostro Paese nelle prossime settimane.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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