Gli Usa ritirano le truppe, su Tripoli i missili di Haftar
In quella che ormai si profila come una battaglia per la conquista di Tripoli, le forze del generale Khalifa Haftar hanno lanciato per la prima volta raid aerei e sparato missili grad per contrastare una controffensiva della coalizione di milizie che difendono la capitale e il governo di Fayez al-Sarraj. Il premier ha dovuto incassare un sinistra notizia: gli Stati Uniti, suoi sponsor politici, hanno ritirato un contingente militare a causa dell’inasprirsi di un conflitto che ha ignorato una tregua umanitaria chiesta per la prima volta dall’Onu.
La tensione è altissima: l’Esercito nazionale libico (Lna) di cui Haftar é comandante generale ha annunciato che aerei da caccia hanno compiuto incursioni alla periferia di Tripoli colpendo con «grande precisione» in una rappresaglia ai raid avviati fa dalle milizie filo-Sarraj due giorni fa, poche ore dopo l’annuncio dell’attacco da parte dell’uomo forte della Cirenaica, e proseguiti con quattro sortite. Haftar ha contribuito ad un’escalation del conflitto usando per la prima volta missili «Grad» lanciati da Garian, la città che controlla 80 chilometri a sud del centro di Tripoli: alcuni di questi razzi sono caduti a Wadi el Rabie, a 20 chilometri in linea d’aria dalla centralissima Piazza dei Martiri, e avrebbero ucciso una donna che aveva appena partorito.
La prospettiva di un conflitto prolungato e diverse informazioni preoccupanti per la popolazione come la presenza di incursori di Lna a Bab al-Azizia, una zona a 8 chilometri dal centro, ha fatto scattare nei negozi una corsa - senza panico ma reale - all’accaparramento di generi di prima necessità.
Sarraj, che si è dichiarato «pugnalato alle spalle» da Haftar, ha intanto protestato con l’Eliseo accusandolo di dare sostegno al rivale, affermazione ridimensionata dal Quai d’Orsay. Con una mossa che potrebbe significare la decisiva revoca dell’inespresso veto americano a una qualsiasi conquista di Tripoli, l’Africom ha annunciato di aver «temporaneamente evacuato» dalla Libia un imprecisato «contingente di forze Usa» a causa dell’«aumentata» instabilità nel Paese dove erano stati dislocati per combattere al-Qaida e l’Isis (soprattutto con droni) e per proteggere edifici diplomatici. A causarla é anche la controffensiva annunciata e subito attuata dalle milizie filo-Sarraj con un nome in codice («Vulcano di rabbia») altisonante quanto quello dato da Haftar alla sua operazione («Diluvio di dignità»).
Anche se controverso, lo schieramento a difesa del premier ha sostenuto di avere il controllo dello strategico aeroporto internazionale, chiuso dal 2014 ma con piste che fanno gola ad Haftar per farci atterrare rifornimenti. Per almeno due terzi tra le file del generale sono i caduti del più recente bollettino ufficiale del conflitto: 21 morti e 27 feriti tra cui 4 civili. Inoltre gli annunci di prese di prigionieri (nelle ultime ore altri 70, dopo i 128 dei giorni scorsi), sono tutti di militari di Haftar, che ha perso altri nove veicoli (dopo i 40 segnalati venerdì).
Entrambi gli schieramenti si dichiarano forti e hanno ignorato una tregua umanitaria di sole due ore chiesta nel pomeriggio dall’Onu per spostare feriti da quattro zone in cui si combatte. «Un’evoluzione che ci preoccupa», ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, rivelando che «stiamo cercando di rappresentare soprattutto al generale Haftar e gli altri interlocutori» che «non possiamo permetterci una guerra civile».
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