Gli ultimi sviluppi dell'inchiesta sui camici in Lombardia
«Prova a chiamare assessore Cattaneo di Varese (...) sembra che siano molto interessati ai camici (...) questo mi dice assessore al Bilancio Caparini». È un messaggio inviato il 27 marzo da Roberta Dini al fratello Andrea, patron dell'azienda di abbigliamento Dama. Ed è considerato dai pm, che indagano sul «caso camici», esemplificativo del ruolo nella vicenda della moglie del governatore lombardo Attilio Fontana. È lei, non indagata, secondo gli inquirenti, a mettere a disposizione del fratello-socio (indagato assieme al presidente della Lombardia) la sua rete di contatti e ad informarlo del bonifico da 250mila euro disposto da Fontana quando la fornitura di camici e altri dpi per 513mila euro, concordata il 16 aprile, viene trasformata in donazione poco più di un mese dopo.
Per definire meglio i ruoli i pm analizzeranno il contenuto delle chat dei telefoni in via di restituzione, dopo poco più di 24 ore dall'acquisizione, di quelli che sono considerati i protagonisti, anche non indagati. Intanto, dal telefono di Dini, sequestrato a luglio, i pm hanno ricostruito come nel periodo di emergenza Covid la Dama, di cui Roberta Dini è socia al 10%, vivesse una «grave tensione patrimoniale» per gli ordini cancellati. Il 27 marzo, Roberta Dini segnala al fratello l'interesse per i rifornimenti di camici dell'assessore Raffaele Cattaneo, a capo della task force per la riconversione delle imprese alla produzione di dpi: «Ho avvisato la moglie di Cattaneo (che conosco un po’) che vuoi dare una mano». Meno di un'ora dopo Andrea Dini telefona a Cattaneo e poi gli scrive: «Potremmo fare minimo 100.000 camici al mese (...) A regime (..) il doppio».
Così il 16 aprile arriva la commessa della Regione e, secondo i pm, con il «diffuso coinvolgimento di Fontana», che ha sempre respinto l'accusa contestata di frode in pubbliche forniture. Quel giorno c'è uno scambio di messaggi fra Dini e la sorella: «Ordine camici arrivato. Ho preferito non scriverlo ad Atti». «Giusto bene così». I fratelli, sostengono i magistrati, operano con «piena consapevolezza» del «conflitto di interessi», tanto che avrebbero predisposto «strumentali donazioni di mascherine». Un mese dopo Dini trasforma il contratto, su cui si accende il riflettore di Report (per i pm ha mentito anche ai giornalisti parlando di donazione). «Ovviamente tutti dico tutti sono nella lista dei fornitori di camici. Armani, Herno, Moncler. Gli unici coglioni siamo noi», si lamenta con un dipendente di Dama Andrea Dini, che comunica il 20 maggio all'allora dg di Aria, Filippo Bongiovanni (indagato per turbata libertà nella scelta del contraente) che la fornitura è diventata donazione.
Bongiovanni ai pm racconta che due giorni prima gli è stato chiesto di trovare l'Iban di Dama: secondo la spiegazione che gli dà Superti, vice dg di Regione Lombardia, Fontana «intendeva pagare la fornitura di camici, per evitare speculazioni politiche. A me non sembrò una grande idea». Non lo è nemmeno per Dini: «Non va bene un bonifico tra privati - scrive alla sorella -. Digli di non farlo più. Fa più danni». Il bonifico da 250mila euro di Fontana viene, però, bloccato dall'antiriciclaggio di Bankitalia, che lo segnala a Gdf e Procura. E le Fiamme gialle si sono presentate ieri nello studio di commercialisti Frattini di Varese e in quello del fiscalista Vallefuoco a Roma con un ordine di esibizione per acquisire tutta la documentazione utile sulle dichiarazioni dei redditi del governatore e dei suoi familiari degli ultimi anni, nonché sulla «voluntary disclosure». Per i pm, infatti, quel bonifico proveniva da un conto svizzero dove Fontana detiene 5,3 milioni scudati nel 2005 e provenienti da conti associati a due trust alle Bahamas creati, ha spiegato il governatore, dalla madre e lasciati in eredità.
Si lavora in Procura ad una rogatoria e gli inquirenti vogliono vederci chiaro anche in questo parallelo filone di indagine, che potrebbe portare anche a contestazioni di falso e riciclaggio. Mentre altre posizioni sono al vaglio anche nel capitolo «camici». Le indagini dunque proseguono dopo che il nucleo speciale di Polizia Valutaria della Gdf ha acquisito, tra gli altri, il contenuto dei cellulari di Roberta Dini e degli assessori lombardi Davide Caparini, Raffaele Cattaneo e di Giulia Martinelli, capo della segreteria del presidente della Lombardia nonché ex compagna del leader della Lega Matteo Salvini. L'acquisizione è presso terzi, il che vuol dire che i quattro non sono indagati.
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