Italia e Estero

«Figlio, la cultura è sudore: piantala di essere approssimativo»

Dopo la lettera al figlio bocciato, ecco il commento sui debiti formativi e i rimandati a settembre
Uno studente in difficoltà (archivio) - © www.giornaledibrescia.it
Uno studente in difficoltà (archivio) - © www.giornaledibrescia.it
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Un tempo si chiamavano esami a settembre, adesso si chiamano debiti formativi e sono la stessa cosa. Vuol dire che non ti sei impegnato abbastanza durante l’anno: non così poco da essere bocciato ma nemmeno così tanto da non dover aprire libro per tutta l’estate (a parte giusto il necessario per svolgere - o copiare da compagni conniventi o da internet - i compiti delle vacanze).

Chi ormai ha raggiunto l’età della ragione (o almeno non l’ha già superata senza avvedersene) trova la cosa molto romantica. Tanto gli esami non li deve fare lui. Invece lo studente (non modello), che invece gli esami li deve fare lui (avviso per chi avesse il debito in italiano: questa frase non contiene un errore di sintassi. Trattasi di anacoluto, che non è un’affezione del colon bensì una figura retorica in voga dai tempi di Tucidide), lo studente non si sente così sentimentalmente coinvolto dal ripasso (si fa per dire, perché chi prende i debiti sa benissimo che i libri non li ha aperti e se lo ha fatto è stato solo per arieggiare le pagine e scongiurarne il prematuro ingiallimento) di argomenti esilaranti tipo equazioni di secondo grado, letterature e grammatiche di qualsivoglia modello e gioiose ossidoriduzioni.

Hai preso il debito perché non hai degnato di uno sguardo queste cose durante l’anno, figuriamoci quanto ti sono diventate simpatiche dopo che ti hanno devastato l’estate. Tra l’altro, ora che ti sei finalmente applicato, non ti sembra di notare che più si sa più si hanno dubbi? Sorprendente come l’angoscia permanga e addirittura cresca anche quando si studia, vero?

D’altronde «la cultura esige un tributo di sudore e tu devi piantarla di essere approssimativo» e abborracciato, ma urge che diventi più preciso e disciplinato. Questo non lo imparerai solo dallo studio estivo e dall’impegno che stai profondendo nell’apprendimento di ciò che hai colpevolmente tralasciato durante lo scorso anno scolastico. Se lo imparerai (e sarebbe meglio di sì) sarà anche dal terrore che provi adesso, dal timore di aver perso una stagione della tua giovinezza e di rischiare pure di ripetere l’anno (terrore che peraltro non ti ha impedito di spendere giorni nella tua stanza a fissare il vuoto invece di affrontare il programma e impararlo tutto a memoria, ma fissare il vuoto a volte ha un potere educativo e creativo tutto suo).

Sfrutta l’occasione (non hai molta scelta), ripassa fino alla nausea e soprattutto ricordati della paura che avrai stanotte. Stampatela in testa per bene e vedrai che tra un po’ di anni (quando forse anche a te capiterà di sfiorare per un breve attimo la famosa età della ragione) avrai nostalgia nel ricordare la notte prima degli esami, perché saprai che i problemi della vita sono altri. Domani sarai stanco perché hai dormito poco e male e perché ti sei bruciato le vacanze. E sarai ancora stanco quando, poco dopo gli esami, ricominceranno la scuola e le alzatacce all’alba. Non farci caso.

Coltiva l’ansia, ma non lasciare che essa guidi la tua penna o la tua lingua quando ti troverai di fronte il compito e l’interrogazione. I debiti formativi sono un’ottima palestra per sviluppare la saldezza di nervi in vista della maturità e delle prove a venire. Saranno molte e variopinte.

Magari, una volta terminata questa simpatica tortura alla quale sei stato condannato, ti verrà la tentazione di spegnere il cervello fino a metà ottobre, anzi fin dopo Halloween. Bravo furbo, così l’estate prossima replicherai l’incubo (Nightmare 2: L’asino che insiste) di te sui libri e gli altri in spiaggia. Quando tra pochi giorni la scocciatura sarà finita, potrai riprendere a macinare catene sull’inutilità e l’ingiustizia della punizione che hai subito.

«E i professori son stati severi, e sono ingiusti, e io però le cose le sapevo, e io però l’ultimo giorno di scuola volevo farmi interrogare e il profe non ha voluto, e ce l’ha con me e speriamo che l’anno prossimo non ci sia più e bla bla bla». Tutte robe che dicono tutti gli scolari dall’inizio dei tempi. Probabilmente le diceva anche Alessandro Magno del suo insegnante, il filosofo Aristotele.

Lagnati pure, ma solo dopo che avrai affrontato scritti e orali. Ora devi portare a casa l’anno.

Non avere paura della paura, non fingere che non ci sia. Come diceva Cesare Pavese, «Non ci si libera di una cosa evitandola, ma soltanto attraversandola». Adesso raccogli le occhiaie e vai. E stavolta fai il santo piacere di tornare vincitore.

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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