Facebook ha licenziato un dipendente che era critico verso Trump
Facebook licenzia uno dei suoi dipendenti più critici verso l’atteggiamento del social media sui post di Donald Trump sulle proteste per George Floyd. Brandon Dail è stato cacciato per aver polemizzato con un collega al quale aveva chiesto senza successo di aggiungere il banner #BlackLivesMatter ad un progetto a cui stavano lavorando insieme. Davanti al rifiuto, Dail ha criticato il collega su Twitter, spingendo così Facebook a siluralo.
Il social media ha confermato la ricostruzione, senza fornire ulteriori dettagli. «Sono stato cacciato per aver criticato la mancata azione di un dipendente su Twitter. Resto convinto di quello che ho fatto», ha twittato Dail che, in polemica con il suo ex datore di lavoro, ha spiegato che la sua critica «violava le rispettose politiche di Facebook. Non sto dicendo di essere stato licenziato ingiustamente. Ma non ne potevo più di Facebook, dei danni che sta facendo e del silenzio di coloro che si rendono complici (me incluso)».
A far scattare l’ira di Dail, e di molti altri dipendenti di Facebook, è stato il post del 29 maggio di Trump in cui il presidente definì «criminali» i manifestanti di Minneapolis, la città dove è stato ucciso Floyd. Un post bollato da Twitter come «incitazione alla violenza», mentre Facebook non è intervenuta, su decisione dello stesso capo in persona, ovvero Mark Zuckerberg.
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