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Expo 2015: Sala è indagato, Milano resta senza sindaco

Il sindaco di Milano Giuseppe Sala, indagato in qualità di commissario unico di Expo, ha annunciato che si autosospenderà dalla carica
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A poche ore dalla perquisizione in Campidoglio nell'ambito di una inchiesta su assunzioni e nomine di dirigenti, scoppia a Milano il caso Piastra, sull'appalto più ingente dell'Expo 2015. 

Il sindaco di Milano Giuseppe Sala, indagato in qualità di commissario unico di Expo, nega ogni coinvolgimento, ma annuncia che questa mattina si autosospenderà ufficialmente dalla carica davanti al Prefetto.

«Pur non avendo la benché minima idea delle ipotesi investigative, ho deciso di autosospendermi dalla carica di sindaco», ha detto Sala.

All'ex numero uno di Expo, da quanto si è saputo, viene contestata un'ipotesi di falso, un reato che prevede una pena da uno a sei anni di carcere.

Non è soltanto ripartita, dunque, ma ha anche già accelerato l'inchiesta milanese sulla cosiddetta «Piastra dei servizi». Indagine che avrebbe subito uno stop nel 2014 anche a causa dei contrasti al vertice della Procura. La Procura generale, infatti, dopo aver tolto di mano il fascicolo proprio ai pm, esercitando un potere previsto dalle norme, con il sostituto pg Felice Isnardi non solo ha chiesto al gip Lucio Marcantonio di potere andare avanti negli accertamenti per altri 6 mesi ma ha anche iscritto nuovi nomi, rispetto ai cinque già noti, nel registro degli indagati. E tra questi Sala. 

Nell'atto, notificato ieri dal giudice ad alcuni legali, il pg spiega che sono necessari ancora una serie di «approfondimenti» e ciò soprattutto alla luce del fatto che si è dovuto procedere a «nuove iscrizioni» e che sono necessarie ancora «audizioni». 

Le nuove iscrizioni, però, sarebbero state effettuate senza contestuali informazioni di garanzia alle nuove persone sotto inchiesta. La Procura tempo fa aveva iscritto nel registro degli indagati cinque persone: gli ex manager Expo Angelo Paris e Antonio Acerbo, l'ex presidente della Mantovani spa Piergiorgio Baita e gli imprenditori Ottaviano ed Erasmo Cinque. 

Già agli atti della prima parte dell’inchiesta, tra l'altro, figurava anche un'annotazione della Gdf, già emersa anche in un altro procedimento due anni fa, nella quale gli investigatori parlavano di un «contesto di evidente illegalità» in relazione all'appalto per la Piastra. 

Gli investigatori del Nucleo di polizia tributaria scrivevano all'epoca, tra le altre cose, anche che Sala, il responsabile unico all'epoca del procedimento Carlo Chiesa e l'allora general manager Paris non avrebbero tenuto un comportamento «irreprensibile e lineare». 

Pur «con gradi di responsabilità diversi - chiariva la Gdf - attraverso le loro condotte fattive ed omissive hanno comunque contribuito a concretizzare la strategia volta a danneggiare indebitamente la Mantovani (impresa che vinse l'appalto con un ribasso di oltre il 40%, ndr) per tutelare e garantire, si ritiene, più che la società Expo 2015 Spa il loro personale ruolo all'interno della stessa». 

Baita, tra l'altro, in un verbale ha spiegato che «c'era una forte spinta politico-amministrativa per far abbandonare alla Mantovani l'appalto», perché la gara avrebbe dovuto essere vinta dall'associazione temporanea di imprese «a guida Pizzarotti (...) denominata nell'ambiente "Ati Formigoni" in quanto erano presenti (...) componenti di Comunione Liberazione». 

Dopo l'aggiudicazione alla Mantovani col massimo ribasso, poi, Sala, come ha messo a verbale l'ex dg di Infrastrutture Lombarde spa Antonio Rognoni, avrebbe detto al manager che «non avevano tempo per potere» verificare la congruità dei «prezzi che erano stati stabiliti da Mantovani» nel corso dell'esecuzione del contratto con l'inserimento di costi aggiuntivi, e «per verificare se l'offerta era anomala o meno». 

L'indagine, con al centro i reati turbativa d'asta e corruzione, era scattata nel 2012 ed era soprattutto finita al centro dello scontro tra l'ormai ex procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati e l'ex aggiunto Alfredo Robledo, il quale, su decisione del primo, nel 2014 era stato di fatto estromesso dagli interrogatori «centrali» dell'inchiesta. 

I pm nei mesi scorsi hanno deciso alla fine di chiedere l'archiviazione del fascicolo, ma il gip Andrea Ghinetti, a fine ottobre, non ha accolto la richiesta, ha convocato le parti per la discussione della vicenda per poi decidere se archiviare o chiedere un supplemento di indagine o ordinare l'imputazione coatta. 

Nel frattempo, tuttavia, è intervenuta la Procura generale che ha avocato il fascicolo a sé e ha ottenuto un mese di tempo per nuove indagini, termine poi scaduto qualche giorno fa. Da qui la richiesta di proroga per indagare ancora.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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