Italia e Estero

Esposto di Mediterranea contro Guardia Costiera libica

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PALERMO, 17 LUG - Il capomissione, la medica di bordo e il comandante della nave di Mediterranea Saving Humans hanno denunciato "la cosiddetta Guardia costiera libica" per l'attacco subito dai naufraghi e dall'equipaggio della Mare Jonio lo scorso 4 aprile in acque internazionali. In quell'occasione, la motovedetta libica 658 Fezzan, donata nel 2018 dal governo italiano alle autorità di Tripoli, era intervenuta sulla scena del soccorso di un'imbarcazione con 45 persone in pericolo, operato dalla Mare Jonio, e l'equipaggio libico aveva aperto il fuoco contro le persone in acqua e i soccorritori di Mediterranea, mettendone a rischio l'incolumità. E' una lunga serie di reati che vengono ipotizzati nell'esposto depositato alla Procura della Repubblica di Roma, autorità giudiziaria competente per i delitti commessi all'estero contro cittadini e beni italiani, e alla Procura Europea per verificare l'impiego dei mezzi e dei finanziamenti concessi da istituzioni dell'Unione e dal governo italiano alle milizie libiche. I legali di Mediterranea - avvocati Serena Romano e Fabio Lanfranca - chiedono all'Autorità giudiziaria di indagare i responsabili dell'attacco per i reati di pirateria, tentato sequestro di persona, tortura e violenze, aggravati dall'uso offensivo delle armi da fuoco e dal concorso di una vera e propria organizzazione criminale, impegnata con continuità nella cattura e deportazione in Libia di persone in fuga proprio da quel Paese. Il testo dell'esposto è stato inviato questa mattina anche al Primo Ministro del Governo di Unità Nazionale libico, Abdulhameed Mohamed Dabaiba, al Ministro degli Affari Esteri Al Taher Salem Al Baour e al Ministro dell'Interno Imad Mustafa Trabelsi, alla Presidente del Consiglio dei Ministri Giorgia Meloni, al Ministro degli Affari Esteri Antonio Tajani e al Ministro dell'Interno Matteo Piantedosi, anche per tramite degli Ambasciatori d'Italia e Ue a Tripoli Nicola Orlando e di Libia a Roma Muhannad Saeed Ahmed Younes.

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