Dpcm di Natale, levata di scudi contro la linea dura
Il Governo blinda il Natale e va allo scontro con le Regioni imponendo il divieto di spostamento anche tra i Comuni per il 25 dicembre, Santo Stefano e Capodanno. «Abbiamo evitato il lockdown generalizzato - sintetizza all'ora di cena il premier Giuseppe Conte spiegando il provvedimento anti-Covid - ma ora non dobbiamo abbassare la guardia. Dobbiamo scongiurare una terza ondata che potrebbe arrivare già a gennaio e non essere meno violenta della prima».
È una misura «ingiustificata» rispondono i presidenti delle Regioni in rivolta, secondo i quali si crea una disparità di trattamento tra chi abita in una grande città e i milioni di italiani che vivono invece nei piccoli comuni. Ma lo scontro è anche nel Pd, con 25 senatori che chiedono al premier di rivedere le «misure sbagliate» e il segretario Nicola Zingaretti che ribadisce la necessità di «misure rigorose».
Qualche deroga sarà però concessa, anche alla luce del parere del Comitato tecnico scientifico secondo il quale, proprio in considerazione della differenza di dimensioni tra città metropolitane e comuni minori, vanno comunque garantiti per le realtà più piccole gli spostamenti «per situazioni di necessità e per la fruizione dei servizi necessari», a partire dal non lasciare gli anziani da soli. Lo stesso Conte conferma che tra i motivi che rientrano nello «stato di necessità» c'è l'assistenza alle persone non autosufficienti, così come sarà possibile sempre rientrare non solo alla propria residenza ma anche nel luogo «dove si abita con continuità», una formula per consentire il ricongiungimento delle coppie conviventi.
Prevale dunque la linea dei rigoristi nel giorno in cui l'Italia registra purtroppo il record di vittime per Covid dall'inizio della pandemia, 993 in 24 ore. Ma è sulle misure previste dal 21 dicembre al 6 gennaio che si è acceso lo scontro più duro. «C'è stupore e rammarico per il mancato confronto», attaccano le Regioni sottolineando che il metodo utilizzato dal governo «contrasta con lo spirito di legale collaborazione» tra istituzioni.
Lo scontro sul piano politico infiamma i banchi del centrodestra alla Camera, dove al termine della riunione dei capigruppo viene chiesto che il presidente del Consiglio si presenti in aula. È la forzista bresciana Mariastella Gelmini a dar voce alla protesta degli azzurri: «ll Dpcm illustrato dal premier Conte in conferenza stampa va oltre gli indirizzi dati dal Parlamento e supera quanto comunicato dal ministro Speranza alla Camera nella giornata di ieri. Non sono accettabili limitazioni così oppressive degli spostamenti degli italiani, il governo crea così cittadini di serie A e cittadini di serie B. Siamo di fronte ad una palese violazione del Titolo V. L'esecutivo faccia subito marcia indietro e il presidente del Consiglio venga in Parlamento anziché presenziare sui social e in tv».
Non meno caustico il leader del Carroccio Matteo Salvini. «Il governo non conosce l'Italia e i suoi ottomila comuni e divide le famiglie - accusa - Un conto è abitare a Milano o Roma, un altro è essere residente dei 5.495 comuni che hanno meno di 5mila abitanti e che spesso hanno figli e genitori, nonni e nipoti, divisi da una manciata di chilometri».
Ai governatori risponde Boccia ribandendo che coprifuoco e limitazione alla mobilità sono punti «inamovibili»: è «incomprensibile - afferma il ministro - il loro stupore. Le norme sono state discusse in due riunioni durate 7 ore». Una crepa si apre però anche nel governo. Le ministre di Italia Viva Teresa Bellanova ed Elena Bonetti avrebbero chiesto che il verbale del Cdm registri la loro netta contrarietà alla misura e 25 senatori del Pd, molti vicini all'ex leader Matteo Renzi, chiedono di modificare la norma rendendo possibili i ricongiungimenti familiari a Natale. È una misura «sbagliata» dice il capogruppo Andrea Marcucci, rivolgendosi direttamente al premier.
A stoppare la fronda è pero il segretario Nicola Zingaretti: con mille morti, «rifletta chi non capisce quanto è importante tenera alta l'attenzione con regole rigorose». Una sponda a Conte che arriva anche dai sindaci, con il presidente dell'Anci Antonio Decaro che invita il governo a «non dare segnali di allentamento».
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