Difesa Caffo,'da stampa molte inesattezze, escluse 2 aggravanti'
MILANO, 12 DIC - A due giorni dalla sentenza del Tribunale di Milano con cui il filosofo Leonardo Caffo è stato condannato a 4 anni di carcere per maltrattamenti aggravati e lesioni gravi nei confronti della sua ex compagna, la difesa, con una nota inviata oggi, ha voluto fare una serie di precisazioni "viste le molteplici inesattezze riportate da varie testate e organi di stampa in relazione al dispositivo" letto in aula. Gli avvocati Romana Perin e Filippo Corbetta con una nota spiegano che "per quanto riguarda il primo capo di imputazione (maltrattamenti pluriaggravati), il Tribunale ha escluso la sussistenza dell'aggravante (...) consistente nell'aver sottoposto a maltrattamenti persona in stato di gravidanza. Con riferimento al secondo capo d'accusa (lesioni personali gravi) ha escluso l'aggravante (...), consistente nell'aver provocato lesione con danno permanente". "Con riguardo, infine, alle statuizioni civili, dal dispositivo non risulta la concessione di alcuna provvisionale. Delimitata la portata della condanna nei termini di cui sopra, gli scriventi difensori confermano la propria convinzione che le prove assunte nel dibattimento di primo grado siano idonee a mandare assolto il proprio assistito da entrambi i capi di imputazione e si riservano di presentare appello contro la sentenza emessa". Come si legge infatti nel dispositivo, Caffo è stato dichiarato "responsabile dei reati a lui ascritti" ai due capi di imputazione. Reati che, escluse le aggravanti citate dai due legali, sono stati ritenuti "avvinti dal vincolo della continuazione". Così ai 4 anni di carcere si aggiunge la condanna in primo grado "al pagamento delle spese processuali", a quelle sostenute dalle parti offese e al risarcimento (direttamente esecutivo in caso di giudizio definitivo) "del danno patrimoniale e non patrimoniale in favore delle costituite parti civili" per una ammontare complessivo di 45 mila euro. Il Tribunale ha infine dichiarato "l'imputato interdetto dai pubblici uffici per cinque anni".
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