Crisi di governo, Draghi ha parlato al Senato
Alle 9.30 è iniziato il discorso del presidente Mario Draghi al Senato per riferire della crisi di governo in corso. È stato un discorso duro, sia nei toni che nei contenuti, con impliciti richiami ai partiti che in questi mesi hanno più volte messo in crisi la maggioranza, Movimento 5 Stelle e Lega.
Draghi non ha riparlato di dimissioni, quindi di fatto ha riaperto alla possibilità di riformare il governo: si aspetta quindi il voto di fiducia nel tardo pomeriggio.
Tocca ora al dibattito in Senato e il voto finale sarò in serata. Se non avrà confermato le dimissioni, i partiti decideranno se sostenerlo, facendo proseguire la legislatura, oppure se andare a elezioni anticipate quest’autunno.
Questa la scaletta di giornata:
9.30 - discorso di Draghi
11 - dibattito al Senato
16.30 - replica di Draghi
18.30 - prima chiama dei senatori per il voto di fiducia
19.30 - esito del voto (orario previsto)
Com'è andata in Senato
«Siamo qui perché lo hanno chiesto gli italiani. Partiti siete pronti a ricostruire questo patto?». Mario Draghi arriva con qualche minuto di ritardo nell'Aula del Senato. Parla per mezz'ora, alza anche la voce nei passaggi cruciali di un discorso che rivendica, da un lato, i risultati ottenuti proprio grazie alle forze politiche. Quando hanno lavorato «nell'interesse del Paese».
Ma dall'altro pone paletti chiari perché si possa proseguire con il governo di «unità nazionale» che fin qui ha garantito «la legittimità democratica» dell'esecutivo e la sua «efficacia». Il consenso più ampio possibile del Parlamento, osserva il premier, serve a maggior ragione per un «presidente del Consiglio che non si è mai presentato davanti agli elettori». E l'unica strada per andare avanti, sottolinea con forza, «è ricostruire daccapo questo patto, con coraggio, altruismo, credibilità».
Le dimissioni, insomma, restano ancora sul tavolo se alla fine della giornata non arriveranno quelle risposte dai partiti attese invano nei 5 giorni della crisi congelata da Sergio Mattarella con l'invito ad andare alle Camere che «oggi mi permettono di spiegare a voi e a tutti gli italiani le ragioni di una scelta tanto sofferta, quanto dovuta».
Basta ambiguità, è la richiesta del premier. Che si rivolge, senza citarli esplicitamente, soprattutto a Lega e Movimento Cinque Stelle che non a caso non si uniscono all'applauso che segue la fine del discorso in Aula. Certo, apre all'autonomia, alla riforma delle pensioni, ai miglioramenti al reddito di cittadinanza, al mantenere fermi gli obiettivi di transizione energetica, alla risoluzione delle criticità sul Superbonus. Che però, insieme agli altri sconti edilizi, va reso «meno generoso». E poi, incalza, non si può chiedere la sicurezza energetica per gli italiani e al tempo stesso «protestare» contro i rigassificatori. Non si possono sostenere le riforme e poi dare la sponda alla piazza, come nel caso dei taxi. Bisogna continuare ad armare l'Ucraina perché resta l'unico modo «per aiutare gli ucraini a difendersi».
Ora la parola ai partiti, con molte incognite e preoccupazioni soprattutto sulle decisioni che potranno assumere Lega ed M5s.
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