Coronavirus: più colpite aree con smog e tante micro imprese
Due fattori possono aver contribuito all’esplosione dei contagi di coronavirus al Nord Italia, rispetto al resto del Paese: la bassa qualità dell’aria e il mancato distanziamento sociale prima delle decisioni di lockdown, secondo i risultati preliminari di uno studio del dipartimento di Economia e finanza dell’Università di Roma Tor Vergata, in collaborazione con l’università di Oxford.
Il working paper, ancora in corso, sottolinea come gli effetti dell’epidemia risultino più forti in particolare nelle provincie a maggiore presenza di microimprese e imprese artigiane. Invece, in base ai dati giornalieri provinciali su contagi e decessi, l’epidemia non sembra legata a fattori come il clima, il pendolarismo, l’efficienza del sistema sanitario o la presenza di immigrati cinesi.
«Il ruolo delle micro imprese può essere interpretato alla luce della maggiore fragilità di questo di tipo di aziende rispetto al lockdown, - si legge nella ricerca, condotta dall’economista Leonardo Becchetti - della quota maggiore di attività manifatturiere che non possono essere convertite facilmente in smart work e quindi, presumibilmente, dalla loro maggiore resistenza a interrompere l’attività».
Inoltre potrebbe aver un ruolo la maggiore interazione umana che contraddistingue questo tipo di imprese. Dall’analisi arriva soprattutto un messaggio sulla nocività delle polveri sottili, che incidono significativamente sul numero di decessi e di contagi registrati. «È urgente dunque ripartire - è la conclusione - mettendo al centro l’idea di "benessere resiliente". Le nuove tecnologie possono aiutarci a realizzare investimenti capaci di coniugare sviluppo economico, lavoro, ambiente, salute, conciliazione tra lavoro e vita di relazioni».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato