Concordia, il giorno del giudizio per Schettino
E' il giorno del giudizio. Quello definitivo per Francesco Schettino, l'ex comandante per il quale oggi in Cassazione sarà emessa la sentenza finale del processo che lo vede alla sbarra per il naufragio della Costa Concordia. Schettino, condannato a 16 anni e un mese di reclusione, per ora è a piede libero in attesa del verdetto della Suprema Corte.
Trentadue le persone che persero la vita e decine i feriti nel tragico disastro marittimo avvenuto la sera del 13 gennaio 2012, poco prima delle 22, davanti all'isola del Giglio per una disgraziata e improvvida manovra di accostamento ad alta velocità. A bordo della nave si trovavano anche alcuni bresciani, che fortunatamente tornarono tutti, sia pure sotto choc, alle loro case.
Imponenti le operazioni di soccorso, e quelle di bonifica delle acque avvenute sotto gli occhi dei media di tutto il mondo. Lo scorso 20 aprile, quando si è svolta la prima udienza davanti ai giudici della Cassazione, è stato il giorno della requisitoria del Sostituto procuratore della Suprema Corte Francesco Salzano che ha chiesto la conferma della condanna di Schettino e il rinvio alla Corte di Appello di Firenze per valutare la possibilità di inasprire la pena.
«È stato un naufragio di tali immani proporzioni e connotato da gravissime negligenze e macroscopiche infrazioni delle procedure» che non è possibile concedere le attenuanti all'ex comandante che deliberatamente «non inviò il segnale di falla all'equipaggio per far scattare l'ammaina scialuppa e mettere subito in salvo i passeggeri», aveva sottolineato il Pg.
Disonorevole la fuga del comandante mentre la nave si inclinava sempre di più e i passeggeri erano in balia di sè stessi. In particolare, il Pg Salzano aveva chiesto l'accoglimento del ricorso del Procuratore generale di Firenze che vuole una pena più severa con l'applicazione dell'aggravante della previsione dell'evento, dunque della colpa cosciente, per i plurimi omicidi colposi.
L'ex comandante, già da stasera, rischia non solo di entrare subito in carcere se la condanna dovesse essere confermata dagli "ermellini" presieduti da Vincenzo Romis, ma anche di andare incontro ad un inasprimento della pena dopo un appello bis a detenzione in corso. La difesa aveva chiesto di mostrare un video filmato da Schettino che, non si sa come, lo scagionerebbe dall'accusa di aver abbandonato la nave. La richiesta è stata fatta durante l'udienza di aprile e oggi Romis l'ha esclusa, sostenendo che con l'acquisizione di nuove prove si sarebbe trattato di una sorta di rinnovazione della fase dibattimentale non prevista.
«Tutta la vicenda giudiziaria si è incentrata su Schettino definito criminale quando invece si è trattato di un incidente. Tutto è ruotato attorno a Schettino - aveva detto nella sua arringa l'avvocato Donato Laino - dipinto come uno "sborone" e sempre inseguito dalle telecamere. Il suo ruolo è stato deciso a tavolino. Lo si accusa anche di essersi messo in salvo: mentre la nave stava cadendo si pretendeva che lui facesse la cariatide e la tenesse su! Schettino è il colpevole "ideale"», aveva esclamato Laino non senza enfasi.
Finora il naufragio del Giglio è costato alla Costa circa 80 milioni in risarcimenti. Quasi tutte le transazioni sono state concluse. Accordi sarebbero in vista anche con le pubbliche amministrazioni parte in giudizio: Palazzo Chigi, Difesa, Interni, Ambiente, Infrastrutture e trasporti.
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