Clima, a Parigi si decide il futuro dei nostri figli
«Sarebbe catastrofico se la conferenza di Parigi sul clima fallisse». Lo ha detto il Papa a Nairobi. «Questa è l’ultima occasione per invertire la tendenza al surriscaldamento, poi sarà tardi» aggiungono i climatologi. Il vertice di Copenhagen del 2009 fu un disastro: stavolta, le premesse sono migliori, c’è più fiducia, più consapevolezza, ma il risultato non è scontato.
Il vertice sul clima sotto egida Onu o Cop 21 (ventunesimo della serie) terminerà l’11 dicembre. Oggi iniziano a lavorare i tecnici; domani la cerimonia d’inaugurazione. In una Parigi blindata e ferita, dopo gli attentati del 13 novembre, arriveranno le delegazioni di 190 nazioni e ben 147 capi di Stato e di governo, compresi i leader delle maggiori potenze. Tutti si rendono conto che è in gioco il futuro dei nostri figli e nipoti.
La giornata è stata accompagnata da manifestazioni in tutto il mondo, Brescia compresa.
A Parigi, ci sono stati scontri tra i dimostranti, scesi in piazza nonostante i divieti legati all'antiterrorismo, e le forze dell'ordine. Sono stati anche distrutti gli omaggi alle vittime degli attentati.
La materia è complessa. Ridotta all’essenziale può essere riassunta così: dall’inizio dell’era industriale, circa 200 anni fa, le emissioni connesse alla produzione di energia (basata su carbone e idrocarburi) hanno provocato un innalzamento della temperatura dell’atmosfera di un grado tondo. Se si lasciano andare le cose per conto loro, nel 2100 la temperatura si sarà innalzata tra i 3,2 e i 3,7 gradi (rispetto al 1800).
La linea di non ritorno è fissata a 2,3/2,5 gradi centigradi.
A quel punto, qualunque cosa facesse l’uomo, l’innalzamento della temperatura procederebbe per conto suo. Le calotte polari si scioglierebbero, il mare si innalzerebbe di 70 metri e in Italia la pianura Padana sparirebbe. E prima di allora: migrazioni gigantesche, guerre, stravolgimento di tutte le nostre abitudini, clima impazzito.
Ne deriva che il primo obiettivo del vertice sta nell’elaborare misure che consentano di arrivare al 2100 con un innalzamento del riscaldamento globale non superiore ai 2 gradi (meglio sarebbe 1,5). Occorre tagliare robustamente le emissioni dei gas serra, bloccarne la crescita e poi farle retrocedere ai livelli del 1990.
Ecco il vero problema, sul quale si scontrano interessi colossali: si tratta di «decarbonizzare» l’economia del pianeta, riducendo drasticamente l’uso degli idrocarburi come fonti energetiche e potenziando le rinnovabili e le fonti a bassa emissione. Una rivoluzione.
Ogni Paese doveva presentare al summit un suo piano nazionale di riduzione dei gas serra: il 94% degli Stati lo ha fatto, diligentemente. Purtroppo, eseguite le somme, è emerso che se questi programmi venissero attuati così come sono, la temperatura del globo, nel 2100, si innalzerebbe fino a 2,7 gradi. Troppo. C’è uno 0,7 da limare durante il vertice e non sarà facile.
Secondo punto: l’accordo finale deve essere unanime e il più possibile vincolante. Il segretario di stato americano, Kerry, ha già detto che il protocollo conclusivo non diventerà un trattato. Cioè, non sarà obbligatorio, sennò alcuni importanti Paesi non lo firmeranno. Il summit, dunque, dovrà elaborare una formula per cui l’adesione alle direttive, pur volontaria, sia però «stringente». È realistico?
Terzo punto: dovranno essere stanziati fondi sostanziosi per aiutare i Paesi più poveri ad attrezzarsi tecnologicamente per far fronte alla «decarbonizzazione». Servirebbero 300 miliardi di dollari da qui al 2030. Le grandi potenze economiche ne propongono 100. Su questo terreno finanziario si gioca un’altra partita decisiva.
Quarto punto: i controlli. Si parla di ispezioni quinquennali. Ma su quali basi giuridiche senza la presenza di un trattato?
Il protocollo finale in preparazione al vertice di Parigi si preannuncia come un compromesso che sposterà la boa del non ritorno solo un po’ più avanti. Tuttavia, se, per avventura, la lungimiranza verso gli interessi delle generazioni future prevalesse sulla miopia fissa sul presente, allora il vertice di Parigi potrebbe davvero fare storia.
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