Italia e Estero

Caos Commissioni parlamentari, la maggioranza scricchiola

Fibrillazioni alle stelle in M5s e nel Pd, con molti parlamentari che hanno contestato gli accordi presi tra i capigruppo
Il premier Giuseppe Conte beve un caffè in Parlamento - Foto Ansa/Roberto Monaldo
Il premier Giuseppe Conte beve un caffè in Parlamento - Foto Ansa/Roberto Monaldo
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Fibrillazioni alle stelle in M5s e nel Pd, con molti parlamentari, specie tra i pentastellati, che hanno contestato gli accordi presi tra i capigruppo sulle presidenze delle 28 Commissioni permanenti dei due rami del Parlamento. Tra i Dem, invece, è riesplosa la concorrenza tra correnti. Nel pomeriggio di ieri al Senato in ben due delle 14 Commissioni la maggioranza va in frantumi facendo eleggere due senatori della Lega, mentre in Serata alla Camera l'elezione in Commissione Giustizia di Lello Vitiello di Iv al posto del candidato di M5s, Mario Perantoni, ha messo in discussione tutti gli accordi.

I capigruppo di Camera e Senato di M5s, Pd, Iv e Leu si sono incontrati svariate volte, ben quattro nelle ultime 24 ore per raggiungere una intesa sui Presidenti di Commissione. Gli accordi hanno previsto l'attribuzione a M5s di metà delle presidenze, quindi sette alla Camera e sette al Senato; al Pd nove (5 a Montecitorio e 4 a Palazzo Madama), quattro a Iv (due in entrambe le Camere) e una a Leu (Piero Grasso alla Giustizia in Senato). Già questo schema ha portato alcuni senatori e deputati pentastellati a contestare i rispettivi Direttivi: i rapporti di forza con gli altri partiti avrebbe dovuto condurre a pretendere 8 Commissioni e non 7 in ciascuna Camera.

Altra contestazione riguarda i nomi stessi dei presidenti designati dai partiti alleati, in particolare Piero Fassino alla Esteri della Camera, e i due esponenti di Italia Viva, Luigi Marattin e Patrizia Paita, indicati rispettivamente per la Finanze e la Trasporti. Tutti e tre hanno in passato criticato o Grillo (Fassino) o il Movimento. Nel Pd il problema è stato diverso, con la concorrenza tra correnti. In particolare Base Riformista, che numericamente è la più forte anche se nel partito è in minoranza, ha lamentato un suo sottodimensionamento: «È stato un accordo complesso e difficile che ovviamente creerà anche qualche malcontento» ha ammesso il capogruppo Dem in Senato Andrea Martella.

Infatti anche a Palazzo Madama si registrano malumori, per esempio sulla Commissione per le politiche Ue: Gianni Pittella, già vicepresidente del Parlamento Europeo, ha dovuto fare un passo indietro per far spazio a Dario Stefano, ivi dirottato benché aspirasse alla Commissione Industria, che però M5s non ha ceduto. Alla fine ecco gli incidenti di percorso: in Commissione Agricoltura del Senato non viene eletto Pietro Lorefice di M5s, affondato dai suoi in favore del presidente leghista uscente Giampaolo Valallardi, mentre sfuma l'elezione di Pietro Grasso alla Giustizia dove rimane Andrea Ostellari della Lega.

«La maggioranza è in frantumi» ha commentato Matteo Salvini. Alla Camera, se ha retto il nome di Fassino, l'imprevisto è giunto in Commissione Giustizia dove con i voti del centrodestra Vitiello di Iv ha superato il candidato ufficiale Perantoni, grazie anche a tre schede bianche. La capogruppo di Iv, Maria Elena Boschi ha annunciato la rinuncia alla presidenza da parte di Vitiello, condizione posta da M5s per votare Marattin alla Finanze. Le votazioni delle Commissioni rimanenti si sono bloccate in attesa delle determinazioni di Vitiello, con un via vai in stile Commedia boulevardier tra l'Aula della Commissione Giustizia, dove si trovava Vittiello, e l'Aula della Finanze, e grandi conciliaboli tra capigruppo nei corridoi mentre fuori la notte calava su una Roma distratta.

 

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