Biden-Putin, parte da Ginevra il disgelo tra Usa e Russia
Nessun reset, nessuna svolta nel primo vertice tra Joe Biden e Vladimir Putin. Ma nella biblioteca di Villa La Grange a Ginevra è cominciato almeno il disgelo, è stata stabilita una linea di dialogo e concordato un inizio di collaborazione: dal ritorno dei rispettivi ambasciatori alle consultazioni contro i cyber attacchi sino all'avvio di negoziati sul disarmo. Con tanto di dichiarazione comune sulla stabilità nucleare volta a scongiurare una guerra atomica. Resta invece un abisso sui diritti umani, su cui lo zar non accetta lezioni.
Quattro ore è durato l'incontro, prima per un bilaterale ristretto di un'ora e mezza alla presenza dei rispettivi ministri degli Esteri, quindi per un incontro allargato ad un manipolo di consiglieri. Il summit è finito prima del previsto suscitando il timore che fosse fallito. Ma le due successive conferenze stampa separate hanno alimentato un moderato ottimismo, con il riconoscimento di una «responsabilità comune globale» e della necessità di dialogare, anche quando non si è d'accordo.
«I colloqui sono stati molto costruttivi, non c'è alcun genere di ostilità tra noi», le prime parole di Putin, che ha ottenuto quel che voleva: il riconoscimento e il rispetto per la
Russia nell'arena internazionale. «Biden è uno statista molto esperto, equilibrato, ha valori morali, abbiamo trovato un linguaggio comune. Questo non vuol dire che ci prometteremo amicizia eterna o dobbiamo cercare le nostre rispettive anime ma ho visto una scintilla di speranza nei suoi occhi», ha aggiunto.
Quindi ha indicato i terreni di collaborazione: il ritorno degli ambasciatori, l'inizio di consultazioni per il nuovo Start e sui cyber attacchi, di cui però ha respinto ogni responsabilità. Possibile un compromesso sullo scambio di prigionieri, mentre sull'Ucraina si è limitato a ribadire l'impegno a rispettare gli accordi di Minsk auspicando che Kiev faccia altrettanto. Rassicurazioni anche contro la militarizzazione dell'Artico.
Ma il leader del Cremlino ha respinto ogni accusa sull'oppositore Alexiei Navalny, che non ha neppure voluto nominare («quest'uomo ha violato deliberatamente la legge per farsi arrestare»). E sui diritti umani, rinfacciando agli Usa Guantanamo, le prigioni segrete della Cia per torturare, i droni che uccidono i civili, le sparatorie quotidiane, le discriminazioni contro gli afroamericani, il sostegno ad organizzazioni anti governative in Russia. «Non vogliamo che da noi accada quello che è successo con l'assalto al Congresso», ha spiegato, con un paragone del tutto fuori luogo («ridicolo» per Biden) con le proteste pacifiche in Russia.
Anche il presidente Usa ha condiviso in conferenza stampa le prospettive di collaborazione con Mosca, ricordando che «un'altra Guerra Fredda non sarebbe nell'interesse di nessuno». «Sono venuto a fare quello che dovevo» con l'obiettivo di «avere relazioni stabili e prevedibili: l'incontro è stato buono, c'è una genuina prospettiva di migliorare significativamente le relazioni» fra Stati Uniti e Russia, ha detto. «La mia agenda non è contro la Russia, ma per gli americani», ha assicurato. Ma il presidente americano ha
ammonito che continuerà a sollevare la questione dei diritti umani «perchè sono nel nostro Dna» e che gli Usa risponderanno ad azioni ostili russe, come le interferenze nelle elezioni o gli hackeraggi. A questo proposito ha consegnato a Putin una lista di «16 infrastrutture critiche» che devono essere off limit da ogni forma di attacco.
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