Italia e Estero

Arcuri: economia di guerra per battere l’emergenza

In una settimana i contagiati cresciuti del 146%. Sistemi produttivi da riconvertire
A distanza. Le norme prevedono almeno un metro
A distanza. Le norme prevedono almeno un metro
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Serve un’«economia di guerra» per far fronte all’emergenza Coronavirus. Nel giorno del 159° anniversario dell’unità d’Italia è il neo commissario straordinario Domenico Arcuri, a spazzare ogni dubbio e a spiegare, se ancora non fosse chiaro, quanto la situazione sia difficile e complessa e quanto il sistema paese rischi il default, non solo sanitario.

Dietro le parole dell’uomo al quale il governo ha concesso ampi poteri di deroga per intervenire su sanità e produzione, ci sono ancora una volta i numeri: la flessione di lunedì nella crescita dei malati che aveva lasciato intravedere un’inversione della curva, ha lasciato il posto a dati ben più negativi. In una settimana, il numero di coloro che hanno contratto il virus è passato da 10.590 a 26.062: significa il 146% in più.

Significa che se continua di questo passo tra una settimana supereremo la soglia dei 50mila. Ecco perché le parole di Arcuri sono nette. «Tutti i Paesi devono attrezzare prima possibile un’industria nazionale. Come nelle guerre, dobbiamo produrre prima possibile quello che ci serve. Stiamo riconvertendo sistemi produttivi e importando industrie che ora sono localizzate altrove. Dobbiamo dotare il maggior numero di ospedali di strumenti per le terapie intensive e inondare l’Italia di tutto quello che serve».

E in un’economia di guerra è fondamentale il ruolo di tutti. «La solidarietà del nostro sistema mi inorgoglisce e rassicura» premette Arcuri, chiedendo però ai cittadini di «capire che devono aiutarci ad evitare ogni contagio, a costo di qualsiasi sacrificio». È necessario dunque il massimo rigore nei comportamenti che ciascuno adotta ed è fondamentale, si sottolinea al Viminale, che gli spostamenti siano dettati solo da estrema e comprovata necessità.

Cosa che non sembra ancora essere entrata nella testa di tutti visto che, nella sola giornata di lunedì, su 172mila persone controllate dalle forze di polizia, oltre 8mila erano in giro senza un reale motivo e sono state denunciate. Facendo arrivare a 35mila il numero di chi, da quando l’Italia è ’zona protetta’, ha violato le restrizioni o ha dichiarato il falso pur di spostarsi da un luogo all’altro.

Lo conferma anche la tecnologia: l’analisi delle celle telefoniche della Lombardia segnala che a muoversi è ancora più del 40% della popolazione della Regione. «Un dato non sufficientemente basso - ha detto il vicepresidente della Regione, Fabrizio Sala - bisogna stare a casa il più possibile».

«Dobbiamo essere ancora più rigorosi - ha aggiunto il prefetto di Milano, Renato Saccone -. Vanno ridotte le presenze nei parchi. Ancora troppi che corrono e ancora troppe persone che interpretano in vario modo il loro diritto di passeggiare e di portare i cani a spasso. Non va bene questo». Ecco perché dal ministero arriva un’ulteriore stretta con la predisposizione di un nuovo modulo per l’autocertificazione che ogni cittadino deve avere con se quando esce di casa, anche a piedi (lo potete scaricare dal sito nostro sito, qui): oltre a dovere spiegare le motivazioni dello spostamento, ogni italiano deve certificare di non essere sottoposto alla quarantena o di non esser positivo al virus, condizioni per le quali è previsto il «divieto assoluto di mobilità».

Una decisione che chiama in causa direttamente la privacy dei cittadini e che è spiegata in una circolare del Dipartimento di pubblica sicurezza nella quale si sottolinea come l’input sia arrivato dai feedback della rete provinciale delle autorità di pubblica sicurezza» che chiedevano di rendere «ancora più espliciti gli obblighi e le limitazioni cui sono soggetti i cittadini».

E del rapporto tra privacy e diritto alla salute ha parlato anche il capo della Protezione civile, Angelo Borrelli. «Con il garante la questione è già stata affrontata: abbiamo trovato un bilanciamento tra i due diritti, ma deve prevalere la salute pubblica, altrimenti neanche la privacy può essere tutelata». Tutto per non aggravare ulteriormente gli ospedali, dove la guerra contro il virus è in corso da settimane. Le vittime sono 2.503, altre 345 in più rispetto a lunedì. E soprattutto nelle terapie intensive si sono superati i 2mila ricoveri, 879 dei quali in Lombardia. Borrelli ha annunciato che proprio per alleggerire la situazione in 50 sono stati trasferiti in altre regioni e oggi sarà operativo a Bergamo anche un ospedale da campo degli Alpini.

In arrivo dalla Cina ci sono poi milioni di mascherine e il commissario Arcuri ha già siglato contratti per l’acquisto di 4.950 ventilatori, anche se in Europa - nonostante l’appello della Presidente della Commissione Ursula von der Leyen a una maggiore solidarietà tra paesi - è ancora difficile, dicono fonti di governo, ottenere forniture di materiale sanitario. Nei piani del governo, inoltre, l’ospedale che verrà realizzato alla Fiera di Milano coprirà, ha spiegato il ministro Francesco Boccia, le esigenze di tutte le regioni italiane, che in questo momento stanno dando un aiuto alla Lombardia.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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