Alla scoperta del Vallo di Adriano: terza tappa
Viaggio da Heddon On The Wall fino a Chollerford. Terzo giorno alla scoperta del Vallo di Adriano per gli studenti della Cattolica di Brescia che finalmente vedono i primi resti (consistenti) del muro. Ecco il loro racconto:
«Paula, la padrona di casa, invita gli ospiti ad essere veloci a fiondarsi sul buffet della colazione prima dell’invasione degli italiani, e qualcuno di noi le ricorda che sarebbe la seconda. Anche perché, oltre a noi sei, ha dormito nell’ostello un altro bresciano, bionese, proprio come uno di noi. Quindi in sette ci sentiamo proprio galvanizzati, e poi quanto è piccolo il mondo, e poi «Bione è proprio Caput Mundi».
Qualcuno di chi ci segue sui social, chi vede le tante instastories, probabilmente invidioso per il sole che ci ha accompagnato in questi primi due giorni, deve aver fatto una potentissima danza della pioggia perchè ,finalmente per lui, è arrivata ed incessante, ha scalfito le nostre mantelle e gli antipioggia per tutta la mattina, per più di dieci infiniti, bagnatissimi chilometri. Che poi, tanto antipioggia non lo sono, e quindi, bagnati come pulcini, troviamo una calda scodella di zuppa al Robin Hood Inn è un caminetto accesso. Zuppa e caminetto, al 26 di Luglio, con le nonne che ci dicono che a Brescia fa un caldo infernale e i pomodori continuano a maturare. Zuppa e caminetto, siano lodati. Il tempo di mettere fuori il naso dalla locanda ed è chiaro che qualcosa è cambiato: le nuvole cariche di pioggia sono state spazzate via da un vento forte e contrario rispetto a dove andiamo noi, che non ci facilita il percorso, ma è impressionante quanto ci riempia i polmoni ed il naso, carico di un intenso e spesso profumo balsamico di campagna inglese, un misto tra il verde dei campi, il giallo del fieno, i mille colori dei fiori, il bianco, il nero, l’arancione di pecore e vitelli. Un profumo tanto forte per l’olfatto quanto per la mente, qualcosa che si inserisce prepotentemente sulla via che dagli occhi porta al cuore, e difficilmente si fa dimenticare. Finalmente il muro, un lacerto insignificante di 20 metri, per 2, per 0,5, forse 0,75 nel punto più alto. Insignificante per chi, alle 7 della sera, non avesse percorso 28 chilometri a piedi. Soprattutto quando quello è l’obiettivo della nostra spedizione. Le vesciche non sono sicuramente un ricordo, ma curate diventano soltanto delle accessorie compagne di viaggio. Esausti mangiamo per cena un piede di salsiccia, perchè qui misurano le salsicce in piedi, qualcosa come 30 centimetri di lunghezza. L’acqua calda della doccia contribuisce a far espellere ai nostri corpi tutta la stanchezza della giornata. Niente a che vedere con la pioggia che ha cominciato a battere incessante sul tetto del cottage dove alloggiamo, cullandoci però lentamente, accompagnandoci verso un sonno ristoratore in vista del tour de force che ci attende domani».
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