Italia e Estero

Addio a Theodorakis, morto a 96 anni il compositore del Sirtaki

Perseguitato dai Colonnelli, fu tra i rinnovatori della musica e della cultura greche, Lo rese celebre la colonna sonora di «Zorba il greco»
  • Addio a Theodorakis, morto a 96 anni: compose la «Danza di Zorba»
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Se n'è andato l'uomo del Sirtaki. Mikis Theodorakis, il più famoso compositore greco della storia, è morto all'ospedale di Atene a 96 anni dopo una vita lunga, carica di gloria, dolore, intrecciata con alcuni degli eventi più tragici del '900. Theodorakis era nato il 29 luglio 1925 nell'isola greca di Chio e fin da ragazzo ha intrecciato il suo talento con il coraggio politico, in una scelta che ha segnato il corso della sua esistenza.

Già a 18 anni, quando studiava al conservatorio di Atene, era entrato nella Resistenza all'occupazione nazi-fascista e per ha subìto arresti e torture. Ai tempi della Guerra Civile è stato rinchiuso in un campo di prigionia. Una volta libero, nel 1950, dopo il diploma al Conservatorio, comincia la sua carriera: viaggia, soggiorna a Parigi e Mosca, dirige un'orchestra sinfonica ma, soprattutto, comincia quel lavoro sulla musica popolare che lo renderà famoso.

Negli anni '60 Mikis Theodorakis è il protagonista indiscusso del rinnovamento culturale greco, senza mai dimenticare l'impegno politico. Nel 1962 firma la colonna sonora di «Fedra» di Jules Dassin, con Melina Mercouri nel ruolo della protagonista e nel 1964 la musica per «Zorba il greco», il film di Michael Cacoyannis con Anhtony Quinn.
In questa occasione Theodorakis sublima il suo lavoro di elaborazione e reinvenzione della tradizione: scrive la «Danza di Zorba», per tutti il Sirtaki, una danza del tutto originale ispirata a due celebri balli popolari: il «syrtos», che prevede figure di gruppo, e il «pidiktos», caratterizzato dall'accelerazione del ritmo.

Ed è proprio questa accelerazione che spinge il syrtaki in giro per il mondo, fino a diventare un best seller che occupa i primi posti delle classifiche e diventa da subito il più celebre ballo greco nel pianeta. Ancora oggi è l'inevitabile colonna sonora del folklore greco. 

Pochi anni e Theodorakis e la Grecia si ritrovano a fare i conti con la dittatura: nel 1967 una giunta militare prende il potere con un colpo di stato. L'autore del Sirtaki è il presidente del Lambrakis, un movimento giovanile progressista e deputato del nuovo partito della Sinistra. La sua fama mondiale gli risparmia la vita ma non il carcere, le torture, il confino, le intimidazioni a lui e alla famiglia. La sua musica viene messa fuorilegge come la minigonna e i libri di Mark Twain ma il suo nome diventa il simbolo della lotta per la libertà. Solo nel 1970, e grazie alla spinta di un movimento d'opinione internazionale, ottiene la libertà. E quando, nel 1974, finalmente cade la dittatura, Theodorakis è la figura attorno cui si stringono i sogni di un intero Paese. Nel frattempo, in esilio, aveva firmato altri due tra i suoi lavori più celebri: la colonna sonora di «Z- L'orgia del potere», il film di Costa Gravas sull'assassinio del deputato di sinistra Grigoris Lambrakis che nel 1967 vinse il premio Oscar per il miglior film straniero, e «Serpico», la storia, vera, del poliziotto Frank Serpico, interpretato da Al Pacino. 

Le terribili esperienze vissute sotto le varie dittature gli avevano lasciato una salute malferma ma non avevano compromesso la sua attività e il suo impegno politico che lo portò a una clamorosa adesione alla coalizione di destra per denunciare gli eccessi del governo Papandreu. Mikis Theodorakis è stato un compositore prolifico e poliedrico, che ha collaborato con tre poeti premi Nobel, Pablo Neruda, Odisseo Elitis, Giorgos Sefèris, con un simbolo dell'Africa libera come Sédar Senghor, ha scritto opere sinfoniche, oratori, musiche per balletti, canzoni e raccolte di ballate.

In Italia ha conosciuto un grande successo popolare nel 1970 grazie a «Caro Theodorakis ... Iva», un album di Iva Zanicchi, all'epoca all'apice della sua carriera di cantante, con nove brani scritti per l'occasione tra cui «Un fiume amaro». 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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