A Ginevra il primo incontro tra Biden e Putin
Comincerà con un incontro ristretto, solo con i ministri degli Esteri e interpreti, il primo faccia a faccia a Ginevra tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il presidente russo Vladimir Putin, che arriveranno oggi alle 13 a Villa La Grange.
I due leader si confronteranno inizialmente con i ministri Antony Blinken e Serghiei Lavrov e poi allargheranno l’incontro ad altri cinque dirigenti ciascuno. La Casa Bianca e il Cremlino prevedevano un incontro di 4-5 ore in totale, ma poco fa il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha detto che l'agenda dei negoziati tra Russia e Stati Uniti è «troppo vasta» per essere completamente coperta in un tempo limitato. Pertanto, i colloqui si terranno «per tutto il tempo che i presidenti riterranno necessario». Al termine ci sarà una conferenza stampa separata (prima Putin, poi Biden). «Sono sempre pronto», ha scherzato Biden con i cronisti quando gli hanno chiesto come si sentiva rispetto all’incontro. Un vis-à-vis in realtà molto importante per entrambe le parti, che in questo momento hanno bisogno di trovare punti in comune al di là delle numerose divergenze di lunga data.
I dossier sul tavolo saranno moltissimi. Ci sono i temi di bandiera, irrinunciabili per ragioni di valori e potabilità delle rispettive opinioni pubbliche. I diritti umani, tanto per cominciare, con Alexei Navalny, l’oppositore di Putin, che langue in prigione e una stretta sempre più soffocante su agibilità dell'opposizione e libertà d'informazione. Alcune decine di oppositori di Vladimir Putin, appartenenti alla diaspora russa, si sono riuniti già ieri sera sulla Plaine de Plainpalais, nel centro di Ginevra, per chiederne la liberazione. I manifestanti, riferiscono i media svizzeri, hanno srotolato uno striscione con la scritta «Save Navalny» accanto alla foto dell'oppositore russo. Inoltre un murales che ritrae Navalny, con le mani disposte in forma di cuore, è apparso su un muro di una strada ginevrina. L'originale era stato realizzato in aprile in un parco di San Pietroburgo ma era stato subito rimosso.
Da parte russa c'è invece il tema del gran tradimento dell'Occidente, che promise - dice Putin - di non spostare più a est i confini della Nato e poi ha fatto esattamente il contrario. La Russia, nella narrazione del Cremlino, si è adattata e agisce di conseguenza. Non a caso in questi giorni la flotta del Pacifico è salpata verso la parte centrale dell'Oceano, non molto lontano dai poligoni americani: esercitazioni su tale scala in questa parte del mondo non si vedevano dai tempi sovietici. Il messaggio è chiaro: Mosca farà 'whatever it takes' per mantenere il prestigio ritrovato dopo il caos degli anni Novanta.
Inoltre in Russia, a torto o a ragione, si pone molto l'accento sull'ascesa della Cina come il prisma attraverso il quale va interpretata l'apertura di Biden allo zar (d'altra parte il summit l'ha proposto lui). L’obiettivo di sottofondo del presidente degli Usa è assecondare per quanto possibile il rapporto con il Cremlino per potersi concentrare su Pechino senza secondi fronti aperti, come ampiamente preannunciato al G7. Ma Pechino ha già avvertito che l'amicizia con Mosca ormai è «indissolubile».
Tra gli altri interessi comuni, ci sono la spinta sul controllo degli armamenti, forse l'apertura di un tavolo sul cyber-spazio, magari qualche passo avanti sul recupero del Consiglio Nato-Russia, forse un confronto sul clima (Mosca ha ratificato Parigi ed è parte attiva dell'accordo con Teheran, stracciato da Trump). Ecco, il paradosso è che lo zar potrebbe ottenere molto di più dal nemico Joe che dall'amico Donald.
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