Quota 100, matematica o opinione?
Ed eccoci alla quota 100. Bene per chi ha 62 anni di età e 38 anni di contributi. Potrà scegliere. Ma che diranno quelli che hanno 64 anni di età e 36 anni di marchette, ahilóro esclusi dalla riforma.
Diciamo subito che non sono soltanto i millennials a non poter contare su solide basi di continuità contributiva. Anche in passato le forche caudine del «nero» hanno dettato l’antica regola «o mangi questa minestra o salti la finestra», la differenza semmai è che anni fa c’erano più speranze nel futuro (e non è cosa di poco conto). Ergo: Quota 100 sarà anche una sigla esemplificativa, ma non tiene conto del segno «+», è costosa e non percorre appieno formule che davvero favoriscano uscite «soft» e pari entrate nel mondo del lavoro.
Vuoi vedere che la storia si ripete: nel novembre 1879 cadde il secondo governo Cairoli a causa dell’impopolare «tassa sul macinato», e il re incaricò nuovamente Cairoli di creare un terzo governo. A quel punto il ministro delle Finanze Bernardino Grimaldi disse un «no» perentorio. Lui aveva fatto i conti e si era reso conto che senza quell’odiosa tassa lo Stato non ce l’avrebbe fatta e per spiegare il proprio diniego pronunciò la frase «Per me, tutte le opinioni sono rispettabili ma, ministro o deputato, ritengo che l’aritmetica non sia un’opinione».
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