Padernello-Coniolo-UE: patto dello spiedo
Padernello, Coniolo e il patto dello spiedo per la conquista dell’Europa. Se si vuole, la vicenda si potrebbe riassumere così. E non sarebbe un’esagerazione, anche se lo spunto viene da uno dei molti «spiedi da asporto» solidali organizzati nel Bresciano.
L’appuntamento è per domenica 20 gennaio, nell’ambito del Mercato della Terra, rassegna di Slow Food al castello, nel borgo della Bassa. Chi vuole, in Internet trova ogni indicazione utile. Ma lo spirito dell’iniziativa va ben oltre l’occasione, affonda le radici nel cuore del Rinascimento ed ha un orizzonte che potrebbe aiutarci ad uscire dall’atmosfera sfiduciata che ci circonda.
Proviamo a risalire alla prima metà del Cinquecento. Il castello di Padernello cominciava a prendere la forma che conosciamo ora. I Martinengo, già imparentati con i Colleoni, dividevano l’attività dei due rami della casata. Da una parte quelli «della Fabbrica» che consolidavano i castelli tra campi e fiumi della Bassa, dall’altra quelli «delle Palle» che dominavano in Brescia.
Coniolo, ai confini, non era da meno. Il latifondo agrario d’origine romana tre secoli prima era diventato «Canonica regolare» e i poderi legati a Farfengo e alla Rossa erano finiti nelle mani del cardinal Alessandro Farnese, nipote di Paolo III. Giusto nel 1539 però erano affidati in commenda a Pietro Bembo, appena diventato cardinale e intellettuale di punta del Rinascimento. Se il conte Martinengo e il pensoso Bembo, che la tradizione vuole sia passato da queste parti a vedere i suoi possedimenti prima di scendere a Roma, si fossero incontrati, che avrebbero fatto?
Il conte avrebbe invitato a banchetto il principe della Chiesa e avrebbe messo in tavola uno spiedo. Ora, venuti meno gli eredi della casate, lo spiedo lo allestiscono coloro che quelle terre le abitano e le vogliono far rinascere. Le due borgate hanno avuto vicende alterne ed una lunga fase di declino.
Il castello di Padernello andava in rovina, mentre Coniolo, dopo essere passata nelle mani di famiglie tanto grandi quanto lontane - i Grimani, i Barberini, i Venier - diventava una frazione di Orzinuovi. Padernello e Coniolo, tuttavia, non hanno mai perduto la loro forte e gloriosa identità.
I volontari della Fondazione di Padernello hanno attirato l’attenzione, ben oltre i confini bresciani, per il miracolo del castello risorto. Ma anche a Coniolo, i Carbonari - hanno scelto di chiamarsi così - non sono da meno. Ponendo la base prima alla storica tenuta Rossa e poi nella Cascina Abbazia, si sono dati da fare per la rinascita della comunità: per il restauro della chiesa e la ristrutturazione dell’oratorio, per finanziare le opere di Kalima, l’associazione che aiuta don Piero, missionario bresciano in Mozambico, e per molte altre iniziative. Cuore del sodalizio è la Festa di San Camillo, che si celebra il 14 luglio (curiosa coincidenza di date, per i rapporti tra nobiltà e popolo).
Ora i volontari delle due borgate hanno stretto alleanza: generosamente si danno una mano ogni volta che serve. E già questo meriterebbe una doppia sottolineatura: due paesi che hanno una storia gloriosa e antica smentiscono ogni luogo comune su campanilismi, rivalità e diffidenze identitarie, andando contro l’aria che tira, impregnata dallo slogan «prima noi e i nostri». Lo spiedo di domenica - che avrà repliche anche a febbraio, marzo e aprile - è la dichiarazione ufficiale di questo patto solidale. Ed ha un ulteriore importante scopo: recuperare fondi per accedere ad un progetto europeo che ha come obiettivo proprio la rinascita dei borghi e dei loro territori.
Il finanziamento Ue mira a sostenere la vita dei centri più piccoli, salvaguardando ambiente e tradizioni, e creando opportunità di lavoro per i giovani. Si tratta, infatti, di uno dei molti progetti che l’Unione europea finanzia, che talvolta sembrano ritagliati a misura per la situazione italiana, ma che gli italiani ignorano.
È la contraddizione che spesso neppure cogliamo nella sua evidente insensatezza: ci arrabbiamo con l’Europa che non ci lascia fare debiti, oltre ai molti che già abbiamo, e intanto non sappiamo andare a prendere i cospicui fondi che la stessa Europa ci mette a disposizione. Non è vero che l’Ue ostacola le identità locali, semmai le aiuta a non rinchiudersi in se stesse fino a soffocare.
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