Il calcio come Marilyn

«Dicono che i soldi non fanno la felicità, ma se devo piangere preferisco farlo sul sedile posteriore di una Rolls Royce che non su quello di un vagone del metrò» teorizzava Marilyn Monroe. Oggi, su quel sedile di Rolls Royce, siede idealmente il calcio italiano: (forse) un po’ più ricco, ma per certo sempre (più) triste.
All’Arabia Saudita è «bastato» sventolare 23 milioni di euro per una torta da dividere in quattro per prendersi la Supercoppa italiana. Una perfetta, tra le tante, operazione di marketing del rampante Principe ereditario Bin Salman impegnato nell’acquisto per il suo Paese di una nuova reputazione: anche i diritti umani a quanto pare si comprano...
Ma torniamo al calcio nostrano che a Riyad avrà pure scroccato un passaggio in Rolls, ma che povero, con i conti rosso fuoco, resta. Torniamo a noi e al calcio che cerca di mettere pezze ai bilanci, con buona pace di tutti quei tifosi nel nome dei quali ancora e sempre si parla, ma nei confronti dei quali sempre meno si opera. Quei tifosi disposti a sobbarcarsi costi (alti) e miserie (tecniche) di partite di campionato dall’esito perlopiù scontato da «gustare» in orari scomodissimi e stadi vetusti affrontando magari gelo, nebbia e pioggia anche per un ottavo di finale di Coppa Italia qualunque. Ma se poi arriva il bocconcino di una finale... Se lo mangiano quelli in Rolls.
Compralo: il calcio è in vendita.
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