Antony Gormley, un Sir per il goodbye al Bigio

Lo scultore Antony Gormley sabato in piazza Vittoria: potrebbe essergli affidato l'incarico per una scultura che sostituisca il Bigio.
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Dal Trinity College di Cambrige, al festival di Sidney, dallo Sri Lanka al Madison Square di New York, da Bern a (forse) Brescia. Sir Antony Mark David Gormley arriva in piazza Vittoria sabato pomeriggio per un sopralluogo in vista di un’eventuale scultura da realizzare in sostituzione del Bigio, il cui basamento è notoriamente vuoto in attesa di una decisione della Loggia.

Il sindaco Del Bono è contrario al ritorno della statua di Arturo Dazzi, che originariamente rispondeva al nome «Era fascista», il vicesindaco Castelletti la rivorrebbe, la città è divisa (e forse pure un po’ stanca). Un responso, un’indicazione dovrebbe arrivare dalla commissione di saggi guidata dal presidente della Fondazione Brescia Musei, il gallerista Massimo Minini. Proprio i saggi saranno sabato in piazza con Gormley, uno degli scultori britannici più quotati, cercando una soluzione a un rompicapo politico, amministrativo e artistico.

Nato nel 1950 in Inghilterra da padre irlandese e madre tedesca, Gormley ha esposto per la prima volta alla Whitechapel Art Gallery di Londra, all’età di trentun anni, dopo aver studiato alla Saint Martin’s School of Art di Londra e successivamente alla Slade School of Fine Art sempre nella capitale inglese.
Quasi tutte le sue opere rappresentano figure umane, in numerose occasioni l’artista si utilizza come base per lo stampo. Gormley tratta il corpo non come un oggetto, ma come se fosse un luogo che identifichi una condizione comune a tutte le persone. Con il suo lavoro, ha spiegato in un’intervista, cerca di rendere statica la realtà mutevole e far diventare dinamici gli oggetti immobili.

Nel 2007 modellò 27 figure umane, sempre a partire da se stesso, installate sui tetti di alcuni palazzi lungo l’area di South Bank di Londra e vicino al Madison Square di New York City, con l’intento di incoraggiare le persone a guardarsi intorno. Vincitore di diversi premi tra cui il Turner Prize nel 1994, Gormley definisce, in un’altra intervista, il corpo umano come una navicella spaziale e uno strumento dotato di estrema sagacia che cerca di comunicare con noi «sia che ne siamo consci o meno». Suggestivo, vero? Di certo i suoi lavori, collocati anche in scenari naturali come spiagge o nevai, hanno una potenza enigmatica non indifferente. A volte le figure hanno una solida compiutezza, altre volte si disintegrano nello spazio circostante.

Abbandonata l’idea di un concorso internazionale, caldeggiata inizialmente dallo stesso sindaco Del Bono, per piazza Vittoria entra dunque nel vivo il percorso di sostituzione del Bigio. Destinato, ormai è praticamente certo, a non rientrare nel quadrilatero per cui era stato concepito. Le collocazioni alternative circolate in questi giorni restano ancora da motivare con progetti compiuti: il teatro romano, il castello, o direttamente il magazzino di via Rose, aperto al pubblico. Si è speculato anche su un possibile ingresso a Campo Marte, ma lì forse sono più utili i campi da gioco, ormai del tutto devastati dall’abbandono. I chiarimenti arriveranno: in fondo il dibattito è sempre aperto.

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