Noci: «La velocità di cambiamento richiede sempre più conoscenza»

Territori e imprese del made in Italy nuova bussola cercasi. Ovvero: dove andremo a finire? Tra aerei da guerra che vanno e che vengono; Inuit che potrebbero trovarsi circondati da trivelle per gas e petrolio rinunciando a cacciare orsi e tirare ai pesci ubbidendo dal «drill baby drill» di Trump; terre rare ambite come l’oro del Klondike; clima impazzito; capi di stato più affaristi che governanti; mercati incontrollabili per i dazi e tanto altro ancora che gettano nell’incertezza territori e imprese del made in Italy, la domanda sul futuro ci sta.
Ne parliamo con Giuliano Noci, direttore dell’Hub della conoscenza (spazio in cui idee, competenze e visioni diverse si incontrano e danno vita a progetti concreti), ospite martedì 1 aprile alle 17,30 a Leno (piazza Dominatore Leonense 1) in Cassa Padana Forum dove coordinerà il forum su «Territori e imprese nuova bussola cercasi». Dopo i saluti di Romano Bettinsoli, presidente della banca ospite, al forum porteranno il loro punto di vista due studenti del Capirola e del Pastori (Paramjit Kaur e Camilla Zanetti), Giovanni Azzone (presidente di Fondazione Cariplo), Ferruccio De Bortoli (giornalista, saggista e ex direttore del Corriere della sera), Giuseppe Pasini (presidente Feralpi e Confindustria Lombardia) e Claudio Rovere (presidente Holding Industriale).
Professor Noci dove andremo a finire?
«Siamo su una faglia che interessa tutti: imprese, scuola e società. Occorre capire come cambiare e dove innovare, prima fra tutte la manifattura la cui trasformazione dovrà esser intensa. Abbiamo un’identità manifatturiera relativamente impermeabile al digitale. Ed è un grosso problema. Questi elementi, unitamente ad un sistema industriale italiano le cui dimensioni sono ridotte, sono per esempio le sfide che dobbiamo affrontare. Un altro passaggio interessa la persona: oggi non sono più le aziende che scelgono le persone, ma il contrario. E di questo si dovrà tener conto».
Persone che dovranno essere opliti della tecnologia, delle scienze, meglio se degli stem. L’intelligenza artificiale è entrata in modo dirompente nell’organizzazione delle imprese: cosa darà loro?
«Ritengo che avremo una manifattura che non solo trasformerà oggetti, ma ne cambierà l’organizzazione produttiva e gli imprenditori dovranno prendere coscienza che non è più sufficiente produrre. Prendiamo ad esempio l’auto: non sarà più solamente un oggetto che parte da un punto A ed arriva ad un punto B; saranno macchine sempre più digitali in grado di fornire servizi reali».
Vi sarà, come aveva scritto poco tempo fa su IlSole24Ore, anche «il cambio del paradigma attenzionale dell’individuo, non più obbligato a prestare attenzione alla strada»?.
«Aggiungerei – prosegue il direttore dell’Hub della conoscenza – che due grandi assets saranno il capitale umano e la conoscenza: ed allora sarà necessario far crescere talenti e saperli trattenere nelle imprese. Decisivo quindi il ruolo della scuola. La velocità di cambiamento richiede infatti sempre più conoscenza e il capitale umano farà quindi la differenza, nonostante l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale».
In questo cambiamento le aziende non potranno tuttavia muoversi da sole?
«Un ruolo importante – aggiunge il professor Noci – spetta alle banche del territorio, che dovranno saper cavalcare la loro dimensione identitaria: non solamente servizi finanziari, ma sarà decisiva una trasformazione che le aiuti ad evitare di omologarsi e così pure dovrà fare il manifatturiero».
Tornando all’intelligenza artificiale, cosa ci lascerà?
«Moltissimo, anche se è un processo che andrà interpretato, trattandosi di un fattore di cambiamento che non risparmierà nessuno; ed allora ritorniamo alla persona, al capitale umano che sull’AI dovrà saper lavorare, che dovrà essere in grado di interpretare i dati perché oggi non siamo ancora consapevoli della immensa trasformazione in atto». Ed è solo una parte di cosa ci attende.
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