Hub della conoscenza, un percorso per ridare speranza

Giuliano Noci-Angelo Baronio
C’è un’«emergenza giovanile»: bisogna prenderne coscienza e trovarne le contromisure con l’obiettivo di creare nuovi ponti tra giovani e mondo degli adulti
Giuliano Noci (a sinistra) e Angelo Baronio (a destra)
Giuliano Noci (a sinistra) e Angelo Baronio (a destra)
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È quasi tautologico affermare che i giovani rappresentano il futuro della società. Eppure oggi più che mai dobbiamo tenere presente questa prospettiva e cercare di operare conseguentemente: viviamo infatti una vera «emergenza giovanile» di cui dobbiamo prendere coscienza e trovare le contromisure. Numerosi sono i fattori che ci inducono a mettere al centro, oggi più che mai, il «tema giovani». Viviamo tempi interessanti, forse troppo.

Mai nella storia moderna, la società civile è stata oggetto di cosi tante forzanti di cambiamento contemporaneamente: transizione digitale, che con l’Intelligenza Artificiale genera una (sbagliata) percezione di minaccia per il mondo del lavoro, cambiamento climatico che crea foschi presupposti per un futuro non sostenibile del pianeta, tensioni geopolitiche che purtroppo ci portano a non escludere per il prossimo futuro il ritorno a conflitti globali di cui pensavamo di esserci liberati.

Vi sono le condizioni perché emerga nella nostra società un senso di sfiducia nel futuro; ai baby boomer (i nati negli anni ’60 e ’70 del secolo scorso) i genitori affermavano senza timore di smentita la prospettiva di una aspettativa di qualità della vita migliore. Oggi purtroppo non possiamo permetterci altrettanta sicurezza: le condizioni di contesto meritano attenzione e richiedono di rivedere modelli educativi, politiche industriali e programmi di sviluppo sociale.

I numeri

È questa una sfida globale che purtroppo assume connotati ancora più marcati in Italia; ce lo dice un recente rapporto Istat che ha reso in prosa quantitativa quello che tutti noi percepiamo.

La forza lavoro negli ultimi venti anni è invecchiata più velocemente della popolazione: rispetto al 2004, la quota di giovani tra i 15 e i 34 anni è diminuita più velocemente che nella popolazione (-11,5 punti rispetto a -6,3 punti).

Assistiamo sempre più frequentemente a fenomeni di migrazione giovanile di massa: negli ultimi 10 anni oltre un milione di giovani hanno abbandonato l’Italia; solo nel 2022 in quasi centomila hanno cancellato la residenza e se ne sono andati, in più di quelli che se ne andavano durante e dopo la crisi finanziaria, cioè lo 0,87% della popolazione in età da lavoro fino ai 34 anni nel 2022.

Tutto ciò in un contesto in cui il mercato del lavoro vive un momento estremamente positivo: le imprese vedono nella carenza di personale un vincolo alla loro crescita. Perché avviene tutto questo? Quali le ragioni di questa divergenza, di una divaricazione sociale che in Italia ha la sua massima espressione?

Molti giovani non si riconoscono nei modelli tradizionali d’impresa e nei percorsi che vedono possibili in Italia. Le gerarchie, gli orari e le modalità novecentesche non risultano coerenti con le loro aspettative di vita. D’altro canto il livello di «soddisfazione per le opportunità di carriera» fra chi lavora in Italia è bassissimo – 31% in media – e probabilmente fra le nuove generazioni ancora di più.

La qualità della vita sociale e culturale in molti territori – pensiamo alla nostra Bassa Bresciana organizzata in tanti piccoli comuni che fanno fatica a sopravvivere a loro stessi – è troppo povera per loro, essendo tarata su un modello sociale, quello dei baby boomer, che mette al centro del progetto di vita il lavoro. Ne consegue un «deficit di speranza» nel futuro, viene dunque a mancare quella tensione valoriale che è alla base di qualsiasi progetto di miglioramento sociale.

Questa «emergenza» giovanile si registra paradossalmente nel momento in cui è massimo il bisogno di introdurre nel sistema (socio-tecnico) forze nuove, prive di vincoli dettati dall’esperienza passata, per affrontare le grandi sfide evocate all’inizio di questa riflessione. È un’emergenza che rischia peraltro di accentuarsi: quante volte noi boomer diciamo che «i giovani non hanno voglia di lavorare» oppure che «pensano solo al telefonino». Si sta creando una progressiva divaricazione inter-generazionale, che non può che nuocere al nostro futuro.

Giova a questo riguardo ricordare una frase di Papa Giovanni XXIII, che appare più attuale che mai: «Molti oggi parlano dei giovani; ma non molti, ci pare, parlano ai giovani». È da questa consapevolezza che il progetto Hub della Conoscenza ha deciso di intraprendere un percorso di ascolto e dialogo con il mondo dei giovani. Abbiamo individuato, interagendo con loro – per il momento abbiamo operato con gli studenti dell’Istituto Capirola –, i temi di cui parlare; intendiamo su base continuativa organizzare momenti di ascolto e confronto con l’obiettivo di creare nuovi ponti, soprattutto culturali, tra loro e il mondo delle imprese, della pubblica amministrazione e, più in generale, degli adulti.

Gli incontri

I primi due incontri sono stati organizzati il 10 e 31 maggio; partiamo con due temi che più di altri creano divergenza tra le generazioni: la sostenibilità ambientale e il rapporto persona-tecnologie digitali. Un terzo appuntamento richiesto dagli stessi studenti consentirà di affrontare i temi valoriali che consentono loro di acquisire la consapevolezza di sé indispensabile per affrontare le emergenze note e i profili più ignoti di un cambiamento che inquieta.

Inizia in questo modo un viaggio importante: in fondo un percorso di (nuova) vita. Ne hanno bisogno i nostri territori, lo reclamano le imprese. Per ottenere questo risultato, cerchiamo di capirci!

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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