Transizione 5.0: esclusi gli interventi «che arrecano danno significativo all’ambiente»

Anita Loriana Ronchi
Lo ha spiegato Marco Casale, ceo e founder di Peimar, durante l’incontro «Piano Green e Digitale» mercoledì 25 settembre nella Sala Libretti del Giornale di Brescia
Il Ceo Marco Casale di Peimar - Foto New Reporter Paletti  © www.giornaledibrescia.it
Il Ceo Marco Casale di Peimar - Foto New Reporter Paletti © www.giornaledibrescia.it
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L’articolo 5 del decreto è dedicato agli investimenti esclusi dai benefici previsti nel caso in cui i progetti non rispettino il principio del Dnsh (Do not significant harm), «non arrecare danno significativo all’ambiente». Per l’ing. Belardi «la negoziazione su questo punto con la commissione europea è stata causa del ritardo nella pubblicazione del decreto attuativo del 24 luglio e della circolare operativa del 16 agosto, perché si è sperato fino all’ultimo, e c’è ancora qualche tentativo in corso, di alleggerire un poco delle previsioni che normalmente sono indirizzate a settori e che qui invece vengono calate in una norma puntuale finalizzata a disciplinare investimenti in singoli oggetti».

Le limitazioni, non poche, ai più sono scarsamente comprensibili (come dimostrano le prime faq arrivate in questi giorni). «Di certo, tutti i beni che fanno uso di combustibili fossili sono esclusi, salvo non siano destinati ad attività Ets, ma solo nel caso di due accezioni». In pratica, il classico forno a gas non è incentivabile. Così come non sono mai agevolabili le macchine mobili non stradali, mentre i veicoli agricoli forestali lo sono a condizione di andare a sostituire una macchina già esistente con motore Stage I o almeno precedente rispetto al nuovo Stage V (l’Euro 6 delle automobili). Infine sono ammesse ai benefici del «5.0» (sebbene con forti limitazioni) le macchine agricole.

Energia per autoconsumo

Le fonti energetiche rinnovabili per autoconsumo rappresentano investimenti «trainati» nel processo di Transizione 5.0, per garantire la twin transition, ovvero la ricerca di soluzioni che favoriscano la transizione verde e digitale insieme. È chiaro che l’efficientamento energetico sia un perno del piano, che ha l’obiettivo di sostenere la transizione dei processi di produzione verso un modello di sostenibilità e riduzione dei consumi. Ma non è così semplice.

Per i pannelli fotovoltaici ad alta efficienza, il credito d’imposta può innalzarsi dal 45% fino al 63% e gli impianti, per essere incentivati, devono essere realizzati in Europa. Lo ricorda Marco Casale, ceo e founder di Peimar, società bresciana che progetta e produce moduli fotovoltaici ad alta efficienza.

Un’energia «trainata», perché secondo i dettami del Piano 5.0 prima bisogna ottemperare al risparmio energetico attraverso altri interventi e solo dopo si può accedere all’incentivo per impianti fotovoltaici. «La normativa – spiega il ceo di Peimar – prevede tre caratteristiche che riguardano i pannelli: luogo di fabbricazione (all’interno della comunità europea), rispondere agli standard di prodotto richiesti e che l’azienda sia in possesso di certificazioni Iso riferite al sito produttivo».

L’efficienza del pannello fotovoltaico dev’essere pari almeno al 21,5%: in tal caso, l’incentivo sarà del 100%, tuttavia come detto c’è la possibilità di incrementare questo valore al 120% o addirittura al 140% utilizzando componenti di fabbricazione europea, nello specifico celle fotovoltaiche oppure un abbinamento tra celle e tecnologia produttiva.

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