Passaggio da 4.0 a 5.0: la «twin transition» tra mille complicazioni
Dal 2017 ad oggi le imprese italiane hanno potuto innovare processi e prodotti attraverso agevolazioni, rimodernando il parco macchine grazie a Transizione Digitale (in tutte le sue forme, da Industria 4.0, a Impresa 4.0, fino a Transizione 4.0) che è ancora attiva oggi. L’adozione di tecnologie avanzate come l’automazione, l’intelligenza artificiale, l’Internet of Things (IoT) e i Big Data, hanno rivoluzionato processi produttivi e gestione aziendale.
Le tecnologie digitali hanno saputo trasformare radicalmente il modo in cui le «aziende virtuose» creano valore, integrando informazioni tra i vari sistemi e con la filiera produttiva, raggiungendo il concreto obiettivo di migliorare efficienza, competitività e capacità di adattamento ai cambiamenti richiesti dal mercato. Questo in tutti i settori, dall’industria, alla sanità, ai servizi e all’agricoltura-zootecnia, ultimo settore in cui si è riscontrata una crescita tecnologica maggiore che altrove, forse perché meno «abituato» alla gestione dei dati.
La transizione digitale passa attraverso rigorosi requisiti tecnici: i macchinari 4.0 devono essere in grado di parlare tra loro e con i sistemi informativi aziendali e di filiera, concetto fondamentale della «Quarta rivoluzione industriale» che, appunto, dà il nome alla «4.0». Questi requisiti tecnici devono essere attestati dalle imprese, spesso attraverso un professionista ingegnere e una «perizia» (giurata, semplice o asseverata. L’ingegnere si assume quindi la responsabilità della valutazione di rispondenza ai requisiti. Come richiesto dai regolamenti, il ruolo dell’ingegnere è fondamentale, purché si dimostri competenza, conoscenza, esperienza, caratteristiche che non si possono di certo improvvisare.
Il contributo
Durante questi anni gli ingegneri hanno anche contribuito in maniera importante chiarendo le leggi e le circolari AdE, scritte più per la parte amministrativa/fiscale che per quella operativa. Proprio grazie agli ingegneri è nata la Uni/Tr 11749:2020, documento strategico per la definizione di tanti concetti quali l’interconnessione e l’integrazione, nonché i protocolli di comunicazione, cioè la «messa su strada» della 4.0.
Gli incentivi, messi a disposizione dallo stato negli anni, si sono espressi in più forme e intensità: dall’iperammortamento al 36% fino al credito d’imposta al 50%. Ora si sta via via spegnendo, con l’aliquota agevolativa al 20% e le complicazioni burocratiche introdotte (estrose diciture in fattura, dossier a supporto del mantenimento requisiti, comunicazioni ex ante ed ex post).
Twin Transition
Qui si inserisce il Pnnr con la Missione 7 – RepowerEU, che ci porta a Transizione 5.0, al fine di realizzare Transizione Digitale e Ecologica, ossia la Twin Transition. Anche la definizione di «Transizione 5.0» è un po’ fuori luogo: non esiste una «Quinta rivoluzione industriale» e non si raggiunge la «Society 5.0» perché non viene citato l’umanocentrismo che dà la giusta importanza al benessere umano.
In Transizione 5.0 si cerca solo la «riduzione dei consumi energetici» in progetti 4.0, con agevolazioni sì molto alte (forse anche al 50%), ma a fronte di notevoli complicazioni, di elevati costi di implementazione e di evidenti difficoltà nel misurare il ritorno sugli investimenti. Ulteriore requisito sta nel garantire che i progetti finanziati non abbiano impatti negativi significativi sugli obiettivi ambientali, con il principio Dnsh (Do Not Significant Harm), assicurando che la digitalizzazione e la sostenibilità procedano in modo etico e responsabile, senza compromettere l'ambiente. Si sa, l’ingegnere ha il compito di riuscire a far diventare semplici anche le cose complicate, come Transizione 5.0…e noi ci proviamo.
Ugo Gecchellin, «Industry 4.0» Ordine degli Ingegneri di Brescia, ceo Team 4.0 srl
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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