Uno tsunami su Depuratore del Garda e ciclo idrico: «Non c'è tempo da perdere»
Uno tsunami si è abbattuto su due dei massimi temi riguardanti l’acqua nel Bresciano, cioè Depuratore del Garda e gestione del ciclo idrico integrato. Un’onda sollevata ieri dalle parole pronunciate da Renato Mazzoncini, Ettore Prandini e Giuseppe Pasini. Nel corso dell’incontro organizzato da A2A sul tema dell’acqua i toni più duri sono stati quelli usati dal presidente nazionale di Coldiretti, che senza mezzi termini ha criticato coloro che «dicono che ad oggi le condotte sublacuali del lago di Garda sono in buono stato di salute. Lo stesso discorso sarà valido tra 8-10 anni, tempo in cui dovrebbe essere realizzato il Depuratore del Garda?».
Prandini ha poi sottolineato come «la mancata realizzazione dell’opera porterà sia un danno ambientale sia economico e, se non inizieremo con i lavori, non vedremo mai la fine del progetto», ricevendo pieno sostegno da Pasini. «Certe cose vanno fatte senza dire sempre no - ha osservato il presidente di Feralpi Group -. I primi a dover dire di sì devono però essere i cittadini perché di fronte a un loro diniego la politica non si opporrà mai».
Più pacate ma non meno incisive le dichiarazioni del numero uno di A2A Mazzoncini, che proprio sul tema della depurazione del Garda ha affermato come «quelle tubature non potranno durare in eterno, serve quindi progettazione, servono investimenti e di certo scelte non ideologiche. Anche perché, come dimostrato dall’impianto di Verziano, le acque di depurazione sono potabili chimicamente, biologicamente da disinfettare come succede normalmente anche per altre risorse idriche».
Percentuali
Ragionamento che l’amministratore delegato della Life Company ha esteso anche sul tema della gestione dell’acqua, «a fronte di perdite sulla rete idrica che in Italia ammontano al 42% e con il sistema di raccolta dell’acqua piovana che si ferma all’11%». Mazzoncini ha definito «assurda la situazione che si è venuta a creare, con la gestione idrica attuale che esce dal referendum del 2011. Da allora la gestione è in mano a società in house dei Comuni, realtà che non possono far debito a causa del Patto di Stabilità. Ma per investire nelle infrastrutture serve il debito, ecco perché siamo fermi».
Il manager ha portato come esempio Acque Bresciane (il gestore unico nel Bresciano ndr), che da qui alla scadenza della concessione nel 2032 dovrà versare «quasi un miliardo di euro» per subentrare nella gestione di A2A.
A rincarare la dose ci ha poi pensato il presidente nazionale di Coldiretti Prandini, riferendosi nello specifico alla nascita in Vallecamonica di una società per la gestione del ciclo idrico del territorio. «Quello che succede è vergognoso, si sa già che non sarà in grado di realizzare ciò che si prefigge - l’attacco -. Non ce l’ho contro la società in sé, creata per accontentare quelle quattro persone che vivono nel territorio, ma è una non logica. Abbiamo Acque Bresciane, se c’è un ente unico che lo sia davvero».
I ghiacciai
L’incontro, organizzato proprio da A2A e moderato dalla giornalista Fausta Chiesa, si era aperto con l’intervento di Marco Giardino, professore di Geografia fisica e Geomorfologia all’Università di Torino e vicepresidente del Comitato glaciologico italiano.
«Che i ghiacciai stiano fondendo è un dato di fatto, ma non bisogna farsi prender dalla paura altrimenti si corre il rischio di fare scelte sbagliate - le sue parole -. Si può infatti sfruttare l’acqua di fusione dei ghiacciai, come è stato fatto in Svizzera dove la risorsa idrica è stata distribuita tra i vari bacini». Anche in Italia però, stando alle parole del ricercatore, qualcosa si muove. «Si prenda per esempio l’area del Monte Rosa. Noi scienziati siamo ascoltati e stiamo dando indicazioni affinché l’acqua di fusione del ghiacciaio venga usata per la produttività locale. La trasformazione del clima è infatti un dato di fatto, ora bisogna vedere come inserirsi in modo appropriato».
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