UniBs e la «ricerca» dell’armonia tra tecnologia e sostenibilità

Marco Papetti
Lo studio 2D4D che vede come capofila l’Università di Brescia cerca di valutare l’impatto della rivoluzione digitale nella lotta ai cambiamenti climatici
Parte del team di ricerca durante un workshop a Vienna
Parte del team di ricerca durante un workshop a Vienna
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«Ci sono motivi per pensare che la rivoluzione digitale possa essere un volano per una transizione ecologica equa e altri che spingono invece a pensare l’opposto: la domanda cruciale è capire come si possano sfruttare gli effetti positivi e mitigare quelli negativi».

Elena Verdolini, docente di Economia politica all’Università degli Studi di Brescia, dirige dal 2020 il progetto di ricerca «2D4D - La rivoluzione digitale per combattere i cambiamenti climatici», di cui l’ateneo è capofila. Uno studio che coinvolge ricercatori di più discipline (economia, statistica, ingegneria) attorno a un’unica ma grande domanda di ricerca: se e come le tecnologie digitali possano contribuire a mitigare gli effetti del cambiamento climatico.

Elena Verdolini
Elena Verdolini

«Si tratta di interpretare delle dinamiche economico-sociali e capire quali potenziali punti d’ingresso abbiamo per far sì che queste transizioni possano essere governate in modo da essere benefiche», spiega Verdolini. La ricerca è stata prolungata fino all’autunno 2026, finanziata per quasi un milione e mezzo di euro dell’European research council della Commissione europea.

Con l’UniBs collabora il Centro euro-mediterraneo sui cambiamenti climatici, di cui Verdolini è senior scientist. «Analizziamo l’impatto della digitalizzazione in tre settori con grosse sfide legate alla decarbonizzazione: industria, mobilità ed edifici. Oggetto del nostro studio sono la domanda di energia, efficienza, competitività e lavoro, disuguaglianze e governance».

Individui

Dalla ricerca emerge un dato: «Se per un verso le tecnologie digitali sono molto utili, dall'altro bisogna lavorare anche sulla consapevolezza degli individui», dice Verdolini. Un esempio tra molti chiarisce l’idea: «È stimato dalla letteratura che gli edifici “intelligenti”, dotati di sistemi di sensorizzazione, controllo da remoto e intelligenza artificiale, riescono a garantire un risparmio fino al 40% dell’energia rispetto a una casa non smart - spiega Verdolini -. Il risparmio può però portare alcune persone a consumare di più, secondo quello che gli economisti chiamano “rebound”, l’effetto rimbalzo».

Intelligenza artificiale

Tra gli aspetti presi in esame c’è anche l’intelligenza artificiale. Non però in una posizione privilegiata: «Oggi ci dimentichiamo che ci sono tante cose da imparare sulle altre tecnologie digitali - spiega Verdolini -. Al momento l’AI tocca una minoranza delle imprese e dei lavoratori: robot, sensori e stampa 3D, invece, coinvolgono molte più persone. Focalizzarsi solo su questa tecnologia ci fa perdere l’occasione di capire come portare al passo tante realtà produttive. L’idea è di concentrarsi su quelle tecnologie che sono più alla portata delle imprese italiane e anche bresciane».

Tassonomia

Negli ultimi mesi del progetto «l’idea è di creare una tassonomia di tecnologie digitali che possono essere più rilevanti per la decarbonizzazione, per capire dove hanno più potenzialità e dove invece ci fanno correre più rischi», spiega Verdolini.

Un focus particolare lo avrà l’industria: «È un settore in cui abbiamo ancora tantissime incognite, perché lì le tecnologie digitali hanno applicazioni molto specifiche in comparti e fasi di lavorazione diverse». Quanto appreso negli anni verrà poi inserito in modelli matematici complessi, «utilizzati per capire l’andamento del clima e delle emissioni e quali saranno gli impatti economici. L’ultima direttrice – conclude Verdolini - sarà creare delle narrazioni, basate sulla scienza, che ci aiutino a immaginare un futuro diverso».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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